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Finale Nazionale Femminile Under 15 Anno 2015
LE PAROLE, DETTE E NON DETTE, DELLE SEMIFINALI.
Fabrizio Ranieri, coach di Costa Masnaga, con Chiara Discacciati.
[Francesco Sibio e Stefano Varani]


Martina Gatti, del Muggia.
[Francesco Sibio e Stefano Varani]


Gea Robba, del Muggia.
[Francesco Sibio e Stefano Varani]


Interviste ai protagonisti delle Semifinali. E rispetto per chi non gradisce parlare.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 02 Giugno 2015 - Ore 02:00

LA VALCHIRIA SILENZIOSA
Giulia Ianezic, classe 2000, esterna del Muggia, nella semifinale vinta contro Treviso ha giocato 33 minuti, segnando 23 punti, catturando 10 rimbalzi e servendo 2 assist. Abbiamo provato a intervistarla dopo la partita, ma il suo coach, Matija Jogan, è stato cortesemente irremovibile: «Giulia non gradisce». La ragazza ha 15 anni ed è giusto rispettare la sua timidezza o, magari e più semplicemente, la sua allergia precoce verso i mass media. Ci consola il fatto che in campo parla, eccome, tramite il basket.
 
LA BAMBINA VETERANA
Giorgia Balossi, classe 2002, play del Costa Masnaga, nella semifinale vinta contro Moncalieri ha giocato 27 minuti, segnando 16 punti, catturando 10 rimbalzi e subendo 7 falli. La bimba gioca con e contro ragazze in media più grandi di lei di 2 anni, con una leadership che lascia incantati. Complimenti alla piccola Giorgia, che a fine gara è stata l’ultima a uscire dal campo, dopo aver pulito la sua panchina e gettato le bottiglie vuote nel secchio della spazzatura. Chapeau!
Questa è la chiacchierata con lei, dopo la semifinale vinta contro Moncalieri.
Giorgia, da quale pianeta sei arrivata visto che sei una 2002 e giochi con disarmante sicurezza?
«No vabè... mi trovo bene con le compagne. Io mi sento parte di loro e anche se sono più piccola non ho problemi».
Sì, ma questa autorevolezza da dove salta fuori a 13 anni?
«Credo che dipenda dal fatto che le mie compagne credano molto in me. Questo mi dà tanta fiducia».
C’è una giocatrice alla quale ti ispiri?
«Giorgia Sottana».
Alla vostra età, quanto spazio c’è per la tattica in una partita?
«Non molto. Ci vuole grinta, bisogna lottare su ogni pallone e non mollare mai. Questo è quello che conta di più».
Come ti stai trovando in questa Finale Nazionale?
«Benissimo. È la mia prima volta in una Finale Nazionale e so che mi devo impegnare e dare sempre il massimo. Questo significa che fuori dal campo devo riposare e non fare magari la scema. Per essere la mia prima esperienza, mi sto divertendo molto e sono soddisfatta».
 
MISS 3
Tracy Nowoucha, “3” per le compagne, classe 2000, centro color ebano del Costa Masnaga, nella semifinale vinta contro Moncalieri ha giocato 30 minuti, firmando una doppia doppia da 12 punti e 10 rimbalzi.
Questa è la chiacchierata con lei, dopo la semifinale vinta contro Moncalieri.
Qualcuno, che ti ha visto giocare lo scorso anno, dice che sei molto migliorata. Sei d’accordo?
«L’anno scorso giocavo con le 1999 e quindi ero un po’, diciamo, timida. Quest’anno, visto che sono con la mia annata, mi sento molto più sicura e forte, grazie soprattutto al supporto e alla fiducia delle mie compagne».
Il vostro coach, oltre ad essere un allenatore di basket, è anche una guida a livello umano?
«Il nostro coach non è come la maggior parte degli altri allenatori che spesso sono molto rigidi. Lui è molto aperto, anche alle nostre esigenze. Poi però, durante la partita, è sicuro delle proprie scelte. Non direi severo, direi sicuro. È bravo e noi lo stimiamo molto».
Come ti stai trovando in questa Finale Nazionale?
«Molto bene. Sinceramente non pensavo che saremmo arrivate in Finale, perché nella prima fase non abbiamo espresso tutta la grinta che stiamo tirando fuori adesso. Poi, dalla partita contro la Stella Azzurra fino a questo momento, ci abbiamo dato dentro e si è visto».
 
LUCIFERO CAMBIA MARCIA
Fabrizio Ranieri, coach del Costa Masnaga, ha orecchino e pizzetto luciferini (da diavolo buono). La sua squadra, dopo un avvio balbettante, è sbocciata sul più bello, arrivando alla finale.
Questa è la chiacchierata con l’allenatore, dopo la semifinale vinta contro Moncalieri.
Coach, ti abbiamo visto felicissimo abbracciare e baciare tutto il tuo staff e la tua squadra. Due tue giocatrici mi hanno detto che con te hanno un rapporto speciale, umano oltre che tecnico. Direi che è un bel complimento...
«Non sono più un bambino ambizioso. Ho 52 anni e l’unica cosa che mi interessa è poter aiutare a crescere delle giocatrici. Su questo stiamo lavorando con questo gruppo molto giovane, con il quale non pensavamo di arrivare fino a questo punto. Era più un lavoro futuribile, e invece abbiamo avuto uno sboccio di maturazione inaspettato».
Stasera vi siete presi la rivincita contro Moncalieri che vi aveva battuto all’esordio...
«Sì e ieri abbiamo battuto il Geas, che per due volte in campionato ci aveva battuto e anche duramente dandoci 20 punti».
Cosa è scattato, rispetto all’inizio molle?
«Forse il fatto che ognuno in questo momento ha le motivazioni giuste per accettare il suo ruolo in campo e ogni sfaccettatura di quello che significa giocare a pallacanestro: chi segna più punti, chi difende di più, chi fa più assist, chi dà più incitamento. In questo momento dell’anno, la maturazione delle ragazze e un po’ di fortuna ci hanno permesso di raggiungere un momento di forma strepitoso».
Hai la squadra più giovane della Finale, con 4 classe 2002, di cui 3 in quintetto. E questa Gorgia Balossi che sembra arrivata da un altro pianeta. Che ci dici di lei?
«La alleno da due anni. È cresciuta nel minibasket della Pool Comense, che poi è fallita. Quindi lei si è ritrovata a Cantù coi maschietti e siccome noi abbiamo una collaborazione con loro facendo anche basket maschile, è venuta da noi lo scorso anno. Io, da quando l’ho vista, l’unica cosa che faccio è non rovinarla: sto attentissimo a non imporle nulla, anche perché lei è capace già di leggere il gioco e fare delle scelte. Io non devo rovinarla, perciò cerco di darle degli strumenti in più per affrontare la pallacanestro, ma senza assolutamente obbligarla a nulla».
Coach, quale tuo collega importante ti piace e quali valori poni alla base del tuo agire?
«Da giovane avevo il mito di Boscia Tanjevic, perché è un uomo coraggioso, che ha sempre scelto e non ha mai voluto fare delle squadre di persone incredibili, ma ha sempre lanciato e sviluppato giocatori, oltre ad essere stato uno dei primi che ha giocato libero e senza tante cianfrusaglie intorno. Per quanto riguarda la nostra Società, visto che io sono più o meno anche il presidente da quando, vent’anni fa, siamo falliti in A1, cerchiamo per prima cosa di avere rispetto e di dare un servizio alle ragazze. Partiamo da lì. Lasciamo tutte libere di fare ciò che vogliono e cerchiamo di costruire la nostra autorevolezza senza imporre nulla, ma attraverso la stima che le ragazze e le loro famiglie nutrono per noi. Cerchiamo di svilupparci e andare avanti in questo modo».
 
IL SACRO FUOCO DELLE RAGAZZE
Silvio Bronzin, coach del Moncalieri, fa il punto dopo la semifinale persa contro Costa Masnaga.
Coach, siete alla finalina partendo da 32 squadre. C’è di che essere soddisfatti?
«Sì. Noi secondo me abbiamo disputato un grandissimo torneo, fatto di tanta energia. Arriviamo alla fine con un po’ di “morti e feriti”, ma è stata un’esperienza fantastica. Siamo fra le prime 4 squadre d’Italia ed è una grande soddisfazione. Onore a Costa che ha giocato una partita perfetta».
Le ragazze sono davvero encomiabili: giocare 7 volte in 8 giorni non è semplice...
«Assolutamente sì. Con il passare dei giorni, la nostra fisioterapista ha dovuto lavorare sempre di più, ma le ragazze sono uno spettacolo per la forza che hanno, che è poi la loro voglia di giocare. L’infortunio lo superano appena devono mettere piede in campo».
Come vi state trovando in questa Finale Nazionale, fuori dal parquet?
«Benissimo. L’accoglienza in città è stata fantastica fin dal primo giorno. Quando giriamo per le strade la gente ci ferma, ci chiede... ed è bello, perché conosco questa terra in cui il basket è qualcosa di importante. Qui c’è tanto entusiasmo, quindi è sempre un piacere venire».
 
LA TESTARDAGGINE DELLE MULE
Gea Robba e Martina Gatti, Capitana e giocatrice del Muggia, alla fine della semifinale vinta contro Treviso fanno due chiacchiere con noi. Eccole.
Gea, viste in campo giocate come delle veterane...
«Siamo una squadra molto, molto unita e io sono fiera di esserne il capitano, davvero».
Martina, dopo un primo tempo punto a punto avete piazzato un break che ha annichilito Treviso. Da cosa traete la sicurezza con la quale vi esprimete in campo?
«L’allenatore ha saputo darci la carica e noi abbiamo saputo cogliere il suo messaggio. Abbiamo lottato per arrivare a questa Finale. Siamo venute qui per questo. Era il nostro obiettivo e ci siamo arrivate».
L’unione che vediamo in campo prosegue fuori?
«Il nostro segreto è stare unite anche fuori dal campo, dandoci la carica a vicenda».
Come vi state trovando in questo posto e in questa manifestazione?
«Benissimo, come a casa».
 
TREVISO VUOLE TORNARE GRANDE
Luciana Montelatici, coach del Treviso, analizza gara e manifestazione dopo la semifinale persa contro Muggia.
Coach, partita equilibrata nel primo tempo, poi Muggia ha allungato.
«Sì, loro sono una squadra tecnicamente superiore a noi e più esperta. Forse mi aspettavo una maggiore reazione da parte delle mie giocatrici, ma ci manca esperienza a questi livelli. Però ritrovarci fra le prime 4 squadre d’Italia direi che è come aver vinto lo Scudetto, visto che abbiamo cominciato la nostra attività da 4 anni».
Treviso vuol tornare a crescere...
«Vogliamo riportare il grande basket a Treviso e proviamo a farlo un passo alla volta. Questo è stato un buon passo».
Un giudizio sulla manifestazione?
«A mio modesto avviso, un torneo di questo genere è estenuante. 32 squadre sono troppe e 7 gare in 8 giorni secondo me fanno male alla salute di ragazze di 15 anni. È vero che abbiamo risparmiato l’interzona, ma ora ne paghiamo le conseguenze».
 
TUTTO IN FAMIGLIA
Matija Jogan è il coach di Muggia. Questa è la chiacchierata con lui, dopo la semifinale vinta contro Treviso.
Coach, la sua squadra gioca in modo davvero ben organizzato.
«Grazie, ne sono felice perché si tratta del compimento di un lavoro di due anni e in questi 10 mesi abbiamo preparato tutto per arrivare qui. Logicamente, non sempre si riesce a fare quel che si prepara prima, oggi ci siamo riusciti».
Muggia è una città con una tradizione cestistica, ma è piccola. Come fate per il reclutamento?
«Per fortuna abbiamo un buon centro minibasket. Le ragazze del 2000 sono poche, forse 20 in tutto fra Trieste e Muggia. Noi abbiamo avuto la fortuna di averle di talento, ma poi bisogna lavorarci sopra».
Come hai gestito finora i tempi di questa lunga manifestazione?
«Diciamo che è la cosa più difficile e che riesco a farlo anche perché sono alla decima Finale Nazionale e so come gestire la settimana e i riposi. La squadra mi segue in tutto e così riusciamo a ovviare anche a qualche momento di calo, sia dentro sia fuori dal campo, perché non dobbiamo dmenticare che parliamo di adolescenti di 15 anni».
Un giudizio sulla manifestazione e sul posto?
«Si sta bene, si mangia benissimo, sono tutti ospitali e per fortuna il tempo è bello e perciò siamo tutti sereni. La manifestazione è lunga, ma per fortuna io ho qui la mia famiglia, con un figlio di un mese e uno di 4 anni che dormono vicino al mio hotel e questo mi dà serenità. Anche le ragazze sono serene, perché ci sono tutte le famiglie. Insomma, si sta molto bene e comunque vada domani è stato un successo».
Luca Maggitti
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