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Venerdì, 19 Aprile 2024 - Ore 14:54 Fondatore e Direttore: Luca Maggitti.

Migranti
MAMADOU COULIBALY ED È VERITÀ
Mamadou Coulibaly.

È Verità insieme a Nonno Giovanni. Foto scattata il 28 settembre 2011.

Un articolo di Pierpaolo Marchetti sulla giovane promessa del Pescara Calcio ospitata a Montepagano e un mio ricordo di un migrante dal sorriso bello che passava a Roseto.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 07 Aprile 2017 - Ore 23:00

Coulibaly, la favola e l'ipocrisia

Mi piacerebbe incontrare Mamadou Coulibaly. Non per dirgli che é stato bravo contro il Milan. Vorrei incontrarlo per metterlo in guardia da tutto quello che legge e sente in questi giorni. Il mondo non é tutto cosí, ragazzo mio. Tu hai fatto un percorso difficile e ti auguro di arrivare in alto e di essere felice. Ma stai attento perché quasi tutti quelli che oggi fanno finta di commuoversi per la tua bella favola sono gli stessi che volevano sparare sui barconi che portano in Italia quelli come te. Adesso giochi in serie A e ti applaudono. Ma se tu non avessi avuto talento per il calcio non sarebbe stato lo stesso. Se avessi tentato di aprire una bottega da falegname nel loro quartiere avrebbero raccolto le firme per mandarti via. Se fossi uscito con una delle loro figlie avrebbero fatto fuoco e fiamme per farti sparire dalla circolazione. Godti la tua carriera ragazzo ma tieni gli occhi aperti. Gli amici veri resteranno sempre quelli che ti davano una mano quando non avevi un posto dove dormire. E non ti dimenticare mai degli altti che hanno fatto quel lungo viaggio insieme a te. La gente si commuove leggendo della tua favola ma se si avvicina un tuo fratello a vendere un accendino, lo prende a calci nel culo. Quel calcio nel culo poteva essere per te. Ricordatelo adesso che ricevi solo carezze. Dal mare e dalla povertà ti sei salvato. Ora salvati dall'ipocrisia e dai falsi amici. E buona fortuna di cuore.

Pierpaolo Marchetti


SABATO ITALIANO CON NERO FAMILIARE
Sabato 9 Gennaio 2010

Stavo seguendo in TV un servizio sui "moti di Rosarno", frutto amaro del voler fare il nero in economia col Nero nei campi.
Contemporaneamente al servizio di SKY TG 24 – poi uno dice la vita – ha suonato alla mia porta un Nero, che mi ha visto dalla finestra aperta e mi ha salutato con un sorriso "apricuore".
Siccome passa ogni tanto, oggi non avevo niente da comprare. La terzultima volta la sua visita fu provvidenziale: comprai i calzettoni per la riabilitazione di Nonno Giovanni.
La penultima volta lo liquidai (anche troppo maleducatamente rispetto al suo sorriso) non comprandogli niente.
Oggi non avevo la forza di rispondere al bianco del suo sorriso col nero del mio “nonmiservenientegraziescusa”.
Così ho preso 5 Euro e gli ho “pagato il sorriso” (che non costa niente).
Lui ha preso ad inchinarsi e a ringraziare me e la mia famiglia, fino alla terza generazione. Al che – quasi in modo secco – gli ho detto di non fare così che mi imbarazzava.
Per stemperare quel momento “fantozziano” (mio) gli ho proposto una stretta di mano finale, che lui ha accettato “all’americana”.
Mi ha fatto un eloquente cenno che quei soldi gli servivano per mangiare ed è andato via, continuando a ringraziare finché ho potuto udire la sua voce.
Rientrato in casa, c’era ancora in onda il servizio in TV. Due Bianchi (poliziotti?) dicevano a un Nero: “Non puoi stare qua, ti sparano, ti sparano!”. Il Nero, sorridendo, ha ribattuto: “Vado via domani, mio padrone buono”. Padrone, ha detto proprio padrone.
Finito il servizio sono andato in bagno, a lavarmi mani e coscienza.

Luca Maggitti

 

E’ VERITA’. PIOGGIA E SERENO.
Sabato 19 giugno 2010

E’ ripassato.
Il Nero, genio del “porta a porta”, è ripassato.
Terza volta da gennaio 2010 – o, almeno, terza volta che mi becca a casa – sempre di sabato. Secondo me ha memorizzato le mie abitudini e sa che il sabato sono in casa. Prima di gennaio 2010, si era fatto vedere almeno un altro paio di volte.
Comunque è tornato, mentre il cielo quasi estivo del primo pomeriggio apriva i cancelli ad un gregge di nuvole e Nonno Giovanni era sceso a concimare le piante del suo giardino vicino al mare.
Il Nero conosce ormai la mia famiglia. Sa che mio Nonno è stato in ospedale a lungo e quindi chiede come sta.
Scendono le prima gocce di pioggia.
Intanto, Mamma Liliana s’affaccia dal balcone e lui, sorriso splendente, saluta e dispensa benedizioni.
Gli chiedo se ha “fantasmini”, quegli orribili calzini rasoterra, che servono a Nonno Giovanni per non fargli scivolare il piede nelle scarpe. Lui ne ha, ma non sono della misura giusta. O, per lo meno, sono di “misura unica” (così c’è scritto) che però mi pare piccola (per quanto “unica”) per il piedone di Nonno.
La pioggia inizia a farsi bella.
Siccome le gocce aumentano e non è il caso di farne una questione nazionale, decido che “misura unica” è la misura giusta di ”fantasmini” per Mamma Liliana – alla quale li ammollerò – e li compro. Il prezzo? Le solite 5 euro. Il genio del “porta a porta” ha vinto ancora.
Si sta per scatenare un temporale.
Sbuca dal retro della casa Nonno Giovanni, che concima il suo giardino scucchiaiando amorevolmente nutrienti perline nei suoi vasi, e vede il Nero. Gli sorride e dà la mano.
Inizia il temporale estivo.
Invito il Nero a entrare e il Nonno a smettere di concimare le piante. Propongo di ritirarci nel minigiardino di casa, coperto dal balcone, che ci terrà al riparo dall’acquazzone, comodamente seduti grazie al poker di sedie con tavolinetto microscopico che ho davanti casa.
Il Nero prima rifiuta per non disturbare e poi – visto che insisto – prende a sgranare un rosario di “grazie” e “diotibenedica” che gli fanno guadagnare il mio sguardo imbarazzato. La chiudo da ragionere – quale sono – con un secco: “Amico, non hai l’ombrello e se rimani fuori ti prendi un malanno e la tua mercanzia si rovina”.
Ci sediamo nel mini “gazebo balconato” e ci guardiamo in faccia. Il Nero ride, Nonno sorride, io ho la mia solita espressione da caciotta vista dall’alto. Mi tolgo d’impaccio balzando in piedi e chiedendo: “Beh, cosa bevete? Va bene un succo di frutta?”.
Nonno rifiuta perché ha 89 anni ed è abruzzese: da noi è ovvio rifiutare per non dare fastidio, fosse anche un bicchiere d’acqua dopo 30 chilometri di Sahara.
Il Nero rifiuta perché è ovviamente in imbarazzo.
Io me ne infischio e punto al frigo da single, che contiene solo bevande. Prendo un succo di frutta “arancia rossa”, vassoio, tre bicchieri blu e torno nel minigiardino. Mescita e brindisi.
Piove fortissimo.
Iniziamo a parlare.
Nonno e la Seconda Guerra Mondiale, la percezione in Jugoslavia dell’esercito italiano di occupazione e come ci si sente da stranieri in terra straniera.
Il Nero mi chiede della Nonna, dei miei genitori, di me e del mio lavoro e di come mai non sono ancora sposato a 40 anni suonati. Assist terrificante per il Nonno, che non se lo fa scappare.
Pochi secondi di mestiere e ne esco indenne ancora una volta.
Il Nero è però ancora senza nome, ma è almeno mezza dozzina di volte che ci si vede. Così – avendogli noi detto della nostra famiglia – gli chiedo se vuole dirci qualcosa di lui, tanto per aspettare che passi il temporale.
Eccoci serviti: “Ewantan” è il nome (sempre se ho capito bene), che comunque – in italiano (questo l’ho capito bene) significa “E’ Verità”. Nigeriano, 32 anni, sposato, due figli, in Nigeria era camionista.
Poi, circa 3 anni fa, ha parlato a suo padre (un suo nonno è morto a 102 anni) dicendogli che in Nigeria non c’era futuro. Ed è partito alla volta della Libia. Il suo viaggio, dall’Africa della Nigeria a quella della Libia, è durato un anno e otto mesi.
Lo guardavo e pensavo: un anno e otto mesi. 20 mesi. Questo è uno di quelli di cui parlano nelle inchieste in TV. Uno di quelli scampati alla mattanza della morte per stenti nel deserto.
Dopo un anno e otto mesi fra la Nigeria e la Libia, il barcone e la roulette russa dell’attraversamento del Mediterraneo fino all’Italia. Non gli ho chiesto dove fosse sbarcato.
Da poco più di un anno è in Italia. Prima volta nella sua vita fuori dalla Nigeria. E’ incredibile quanto parli bene l’italiano e quanto sia gentile, soprattutto se penso a certi “campioni” che – venuti dagli opulenti Stati Uniti d’America a prendere grassi stipendi a Roseto per giocare a basket – dopo 10 mesi non sapevano dire niente di niente in italiano e non erano neanche gentili.
Intanto continua a piovere forte.
Arriva il vicino di casa Alberto, sotto un largo ombrello, che preleva il Nonno per la loro consueta partitina di carte pomeridiana. Nonno saluta cordialmente il nostro ospite, che se lo mangia di sorrisi e lo abbraccia. Chiedo di poter fare una foto. Autorizzato.
“E’ Verità” vorrebbe togliere il disturbo, ma lo invito a rimanere perché piove ancora.
Così parliamo di Nigeria, Ogoni, delta del Niger, Ken-Saro Wiwa, petrolio, polizia corrotta, politici corrotti, mafiosi che controllano militarmente gli isolati delle città ricche. Non ha studiato perché i suoi non avevano i soldi per mandarlo a scuola, ma parla la sua lingua, l’inglese e l’italiano e non è poi tanto sprovveduto. Direi che – a occhio e croce – uno studente delle nostre scuole superiori non ha la sua preparazione di base.
Mi dice che il suo paese è nei casini: guerre fra musulmani e cattolici (lui è cattolico), mafia di ras locali, economia sfiatata, politici corrotti che hanno tutto l’interesse a lasciare nella merda il grosso del popolo.
Lui è fuggito da tutto questo e ogni mese (o quando può) manda un bonifico, mediante Western Union, per sostenere genitori e famiglia. Non vede sua moglie e i suoi figli da 3 anni e li sente ogni tanto per telefono. Da 3 anni. Non mi sento di biasimarlo perché è qui a trovare un futuro migliore.
Mi racconta ancora degli immensi casini della Nigeria: zero ambulanze, strade che fanno pietà, gente che ti spara entrandoti in casa per un tozzo di pane e altro che a volte arriva, di quinta mano, anche in minima parte su certi nostri mass media. Ma è, fondamentalmente, roba lontanissima per le nostre attenzioni, assorbite in larga parte da scopate di primi ministri con mignotte e presidenti di regione con trans, cocaina onorevole e altre belle cagate.
Chiedo a “E’ Verità” come è messo qui in Italia.
Mi dice che vive dalle parti di Pescara, in 6 in una camera da letto con due letti a castello a tre piani. Più un cucinino e un bagno. Affitto? 100 euro al mese a testa, in nero. 600 euro al padrone di casa e passa la paura.
Iniziamo, quasi per caso, a parlare in inglese.
“E’ Verità” si è organizzato, con la sua borsa di calzini, strofinacci e calzettoni, accendigas e accendini (non vende DVD e altro). Ogni giorno della settimana fa una città diversa: parte da Pescara e arriva a San Benedetto. Orario di lavoro? Dalle 9 di mattina (partendo verso le 8 con il treno) alle 6 di sera. Lui e i suoi compagni di camera si ritrovano la sera e cucinano tutti insieme. Mangiano riso o pizza o tutto quello che è a buon mercato.
La pioggia è meno intensa, sta per smettere.
Dalla Nigeria all’Italia, parliamo del mondo, del turbo-capitalismo, dell’insostenibilità di questo modo di sfruttare le risorse della terra, della subalternità della politica rispetto alle multinazionali, del fatto che i ricchi hanno una avidità patologica e che non riescono mai a fermarsi di accumulare.
Fra inglese ed italiano, sorridiamo per il detto “il più ricco del cimitero”, che entrambi capiamo parlando dell’inutilità di certe delinquenziali accumulazioni.
Spunta uno spicchio di sole. E’ tempo per “E’ Verità” di rimettersi a suonare ai campanelli delle altre case di Roseto per guadagnarsi la giornata.
Gli chiedo, prima di salutarlo, com’è messo con il permesso di soggiorno. Mi risponde che il 30 giugno dovrà andare alla Questura di Teramo per l’iter di regolarizzazione.
Gli obietto – cercando di non essere brusco – che se sta a Pescara la sua Questura di riferimento è Pescara e non Teramo. “E’ Verità”, con un sorriso di rimando modello “Ehi, amico, non mi credi?” mi chiarisce che fino a 3 mesi fa viveva a Silvi.
Mi dice che vuole regolarizzarsi e mettersi a fare il camionista in Italia. Gli prospetto un futuro da benestante se riuscirà a farlo, viste le condizioni nelle quali ha fatto il camionista in Nigeria che mi ha spiegato poco prima (in Nigeria un camionista resta in giro anche un mese prima di tornare a casa, percorrendo strade che non possono chiamarsi strade, vessato dalla polizia corrotta e dalle bande che controllano territori).
Gli chiedo se posso usare la foto che lo ritrae con il Nonno (gli ho detto che scrivo) e lui mi risponde che non c’è problema.
Faccio scorta delle sue benedizioni, ci diamo la mano e lo saluto.
Spero che “E’ Verità” riesca a regolarizzarsi e avere una vita migliore.

Luca Maggitti
ROSETO.com
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