In questi giorni, dopo aver guidato la Nazionale del Montenegro a Eurobasket 2017, Bogdan “Boscia” Tanjevic si è ritirato dal mondo del basket allenato.

Tanjevic – dalle nostre parti – è soprattutto il coach dell’Italia che vinse, nel 1999, la Medaglia d’Oro agli Europei di Francia.

Io me lo ricordo l’anno successivo, al palazzetto di Roseto degli Abruzzi. Era l’estate del 2000 e il Roseto era stato promosso da poche settimane in Serie A1: avvenimento storico, cestisticamente e non, per la mia città.

Tanjevic organizzò un raduno collegiale dell’Italia a fine agosto (dal 17 al 20 agosto dice un veloce riscontro sul web, visto che non ricordo le date con esattezza) nel Lido delle Rose, per preparare gli Azzurri alle Olimpiadi di Sydney 2000.

Quando seppi della cosa, avendo letto che “Boscia” è un appassionato di cavalli (anch’io sono matto per quei fantastici esseri), comprai due copie (una, ovviamente, per me) del libro “I cavalli nella storia dell’arte”, della mia amica veneta Nicoletta Vian.

Il piano era semplice: andare al palazzetto, alla fine dell’allenamento, e regalarne uno al coach che ci aveva coperti d’oro in terra transalpina. E così feci.

A fine allenamento degli Azzurri, mi avvicinai al tavolo degli ufficiali di campo, dove Tanjevic era seduto, chiedendogli udienza. Mi fece cenno di sedermi senza inutili convenevoli. Gli diedi il libro e spiegai che era l’opera di una mia amica veneta.

Intanto, Meneghin e Abbio (ricordo i loro due volti sorridenti, ma credo ci fossero anche altri giocatori), stavano sghignazzando per cavoli loro. Boscia tirò un urlo del tipo: “Cabrones! Sto parlando di arte qui...”.

Sorridemmo tutti e mi sentii orgoglioso del mio regalo.

Grazie di tutto, grazie per tutto, coach.

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