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Roseto Basket Story
ENRICO GAETA: DA GIOCATORE A CONSULENTE DEL LAVORO.
Enrico Gaeta, classe 1975, con la maglia del Roseto nella stagione 1997/1998.

La famiglia di Enrico Gaeta. Da sinistra: mamma Luana, Federica, Filippo, Niccolò ed Enrico.

Niccolò Gaeta, classe 2003, al tiro con la maglia della selezione Abruzzo.

Intervista all’ex giocatore del Roseto 1997/1998, che nel Lido delle Rose ha trovato l’amore e messo su famiglia. Appese le scarpette al chiodo, passa il testimone al primogenito.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 30 Settembre 2017 - Ore 16:00

Claudio Bonaccorsi, Leo Busca, Giovanni Coppo, Andrea Meneghin, Enrico Gaeta, Fabrizio Facenda, Massimiliano Rizzo, Claudio Acunzo.

Questa è l’ossatura del Roseto Basket Lido delle Rose allenato da Trullo, militante in B1 nel campionato 1997/1998, che mi fece decidere di smettere di scrivere di equitazione e passare a raccontare le gesta della squadra di pallacanestro della mia città. Tutto partì grazie a loro, compresa la nascita di www.roseto.com.

Oggi, alla vigilia della mia ventesima stagione consecutiva da cronista degli eventi cestistici del Lido delle Rose, ho deciso di intervistare Enrico Gaeta: uno degli otto cavalieri che fecero la doppia impresa (Promozione in A2 e Coppa Italia di Lega) e che – se non cambia idea nei prossimi giorni – ha deciso di smettere e quindi si appresta a vivere la sua prima stagione da “civile”, abbandonando lo status di giocatore di basket.

Enrico, quindi hai deciso. Niente più basket?
«Niente paura, Luca, perché la dinastia continua. Mio figlio Niccolò, classe 2003, ha iniziato la vita che ho fatto io andando a 14 anni e mezzo da Roma a Pesaro in foresteria. Lui inizia un po’ prima di me andando ad Ancona, dove frequenta il liceo e gioca per la Stamura. Ho scelto di mandarlo lì perché c’è un bel progetto, con più squadre per ogni annata e sono seguiti ottimamente, con una conduzione gestita bene. Non so se diventerà un giocatore, ma è importante che abbia le sue opportunità per crescere al meglio».

Senti, ma tu? Quanti anni di carriera hai fatto finora?
«Ho iniziato a Porto Sant’Elpidio, nel 1994, senza contare i 5 anni a Pesaro nelle giovanili. Ho giocato l’ultima a Teramo, lo scorso campionato. Sono tanti, in effetti».

Qual è il campionato più emozionante che hai vissuto?
«Sfondiamo una porta aperta: Roseto, nella mia unica stagione giocata qui nel 1997/1998. Sia chiaro, sono tutti belli i campionati giocati e ogni stagione ha in sé ricordi importanti che conservi, ma possiamo dire che quella di Roseto è stata una stagione da emozioni forti, anche perché vincemmo entrambe le competizioni per le quali correvamo. E le stagioni vincenti è difficile poi ripeterle. Ero molto giovane e, magari, ho avuto ruoli da protagonista in altri contesti, più avanti, ma quell’anno piazzammo la doppietta e questo aiuta a ricordarsi bene quei giorni. Poi devo dire che sono stato fortunato: Viterbo, Siena, Trapani, Caserta, fino alle stagioni più recenti qui in Abruzzo a Campli e Teramo: tutti bei ricordi e tanti campionati vinti nelle serie minori, con progressioni che sono servite alle città per tornare su livelli cestistici buoni».

Pensa a un coach che ti ha allenato e dimmi il primo che ti viene in mente...
«Senza fare classifiche ti dico Claudio Vandoni, che nel corso della carriera ho avuto per 4 o 5 volte. Spesso ci siamo cercati e abbiamo fatto delle belle annate insieme. È una persona carismatica, di grande entusiasmo, che ti mette già voglia di allenarti al solo parlarci. Il primo anno in cui l’ho avuto è stato dopo Roseto, a Viterbo. Lui sapeva come sfruttarmi al meglio in campo e come prendermi come persona. Ovviamente, non posso dimenticare Tony Trullo, con il quale sono stato benissimo qui a Roseto, e tanti altri che ovviamente ora che ci penso mi vengono in mente...».

Capisco, ma hai giocato troppi campionati e non abbiamo tempo. Fai lo stesso pensiero adesso per un compagno di squadra...
«Ovviamente il mio grande amico Fabrizio Facenda. Siamo della stessa annata, 1975, e con lui ho fatto il percorso delle giovanili, dividendo poi diverse stagioni insieme. Poi ogni anno hai più feeling con qualcuno. Adesso che mi ci fai pensare mi ricordo Davide Compagni, Leo Busca l’anno di Roseto, Lagioia e Salamina nello scorso campionato a Teramo. Ripeto, Luca, ce ne sarebbero tanti altri, ma mi tieni ancorato ai primi nomi e quindi quelli ti ho detto...».

Passano gli anni, anzi i decenni, cadono i capelli ma il tuo fisico è rimasto lo stesso. Sei sempre in grande forma. Qualche segreto?
«Lo sport. Quando hai un obiettivo e sai che se non sei a posto non rendi, devi tenerti in forma. Anche perché se non rendo il primo a provare fastidio sono io: andare in campo senza essere competitivo è brutto, no? Soprattutto quando passano gli anni e giochi contro avversari più giovani e atletici. Parlando di linea, spero di non avere problemi adesso che non gioco...».

A Roseto hai militato soltanto nella stagione 1997/1998, trovando però l’amore, sposando Luana e decidendo di vivere qui. Dopo tanti anni – diventato papà di Niccolò, Filippo e Federica – come ti trovi nel Lido delle Rose?
«Roseto mi piacque subito: città tranquilla, a misura d’uomo, in cui andare al mare in bicicletta. Bello anche il contesto naturale, con le colline sul mare e le montagne vicino. Crescendo e mettendo su famiglia, poi, cominci a fare più caso anche ad altre cose, come i servizi messi a disposizione dei più piccoli e delle famiglie, la vivibilità e la sicurezza in generale. Direi che Roseto resta una città accogliente, che potrebbe essere più curata nelle sue strade e nei suoi spazi verdi i quali potrebbero anche essere dotati di più giochi per i bambini».

Hai una famiglia numerosa, che è sui generis ai giorni nostri, e sei sempre stato molto legato anche alla tua famiglia di origine. È un valore primario?
«Assolutamente sì: la famiglia è molto importante. I miei genitori, mio fratello, mia moglie e i bambini: tutti sono stati importantissimi nell’accompagnarmi e aiutarmi nello sviluppo della mia maturità sia come uomo sia come giocatore. Ringrazio mia moglie, che mi ha sempre aiutato ad affrontare nel migliore dei modi le situazioni che ho incontrato negli anni e che ha saputo adattarsi sempre in modo positivo agli impegni e ai cambiamenti di luogo che la vita da giocatore ha comportato».

Enrico, negli ultimi anni di carriera da giocatore hai iniziato una nuova carriera a livello professionale, quella di consulente del lavoro. Raccontaci...
«Io sono laureato in Scienze Politiche con indirizzo internazionale. Poi ho fatto qualche breve esperienza lavorativa come mediatore culturale e altro, fino a quando ho capito che mi interessava la professione di consulente del lavoro. È un lavoro autonomo che posso gestirmi e organizzare, così come ogni giocatore diligente fa. La materia del lavoro mi piace molto e mi sono messo a studiare assiduamente per una serie di anni, facendo praticantato e poi superando l’esame nazionale di abilitazione. Adesso, da poco più di due anni, sono consulente del lavoro a tutti gli effetti».

Ti sei scelto un lavoro in cui si scherza poco, ma scommetto che il tuo sorriso e la tua affabilità aiutano a rendere più gestibile ogni problematica...
«Beh, spero sia così. La materia del lavoro è molto ampia, difficile e devi essere sempre aggiornato. Anche in questo mio lavoro fuori dal basket c’è quindi una sorta di competitività: devi “allenarti” sempre con costanza, se vuoi fornire al cliente le migliori soluzioni».

Enrico Gaeta ci ripenserà? Ricomincerà a giocare, dando magari una mano a qualche squadra delle minors abruzzesi, mentre continua a gestire la sua attività di consulente del lavoro? Non lo so. Intanto, però, domani il Roseto ricomincia il campionato e allora, da Enrico Gaeta e da me, in bocca al lupo a tutti, per una nuova stagione di pallacanestro che va a cominciare, a Roseto degli Abruzzi e in tutti i posti in cui lo sport della palla a spicchi è seguito e amato.

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Luca Maggitti
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