Vi ricordate il film “Non ci resta che piangere” con Benigni e Troisi?
Bene, la locanda-castello dei Sorci, dove la vicenda cinematografica ha inizio, sarà anche la base di partenza di questo suggestivo itinerario che, sfruttando la fama della sua cucina, ci permetterà di conoscere questo angolo della Toscana ricco di eremi e strade assolutamente degne di considerazione.
Trasformato in fattoria, oggi il Castello di Sorci ospita uno dei ristoranti più tipici d\'Italia, molto conosciuto per i personaggi che regolarmente lo frequentano (attori di cinema, presentatori televisivi, cantanti, giornalisti, scrittori... qualche fotografo!).
Le sue stanze hanno fornito l’ispirazione della sceneggiatura del film “Non ci resta che piangere” di econ Roberto Benigni e Massimo Troisi, all’epoca ospiti del castellano di Sorci. Nelle sere estive, sotto il cielo stellato, ancora a qualcuno sembra di sentire lo sferragliante rumore dell\'armatura di Baldaccio, il cui fantasma anima la vita del suo antico castello.
Probabilmente la maggior parte di voi ha visto il film, ma chi era questo Baldaccio? Era un valoroso condottiero, al quale il suo paese, Anghiari, ha dedicato la piazza principale, uomo capace e coraggioso, definito dal Machiavelli: “Uomo di guerra eccellentissimo, perché in quelli tempi non era alcuno in Italia che di virtù di corpo e d’animo lo superasse; ed aveva intra le fanterie perché di quelle sempre era stato capo, tanta reputazione che ogni uomo estimava con quello in ogni impresa e a ogni sua volontà converrebbono”.
Però che posto! Come abbia potuto sfuggirmi fino ad ora è un vero mistero. Bah, recuperiamo il tempo perduto. Peccato che non sia possibile dormirvi, poi che sarebbe un validissimo punto base sia per questo itinerario che per altri che questa splendida zona potrebbe offrire. Le occasioni di alloggio comunque non mancano.
Va da sé che tanto successo cominci a mostrare anche aspetti negativi: week-end super affollati (non dimentichiamo che il locale riesce a smaltire anche 1.000 coperti) dove senza prenotare è praticamente impossibile sperare di mangiare e una qualità dei pasti che forse comincia a perdere di brio.
Menù fisso, cita un cartello all’ingresso. Bisogna solo sedersi ed attendere che le portate siano servite.
Prezzi? 19 Euro tutto compreso, vino dolce e vin santo inclusi (nel 2009, n.d.r.).
Sono solo, ma mi difendo terminando quasi completamente anche la bottiglia di vino dolce e la mattina dopo i segni sono evidenti in un certo rallentamento di riflessi e processi mentali. Ci pensa la strada a risvegliare le mie attenzioni. Infatti subito dopo Anghiari, la stretta provinciale che sale verso l’alpe di Catenaia e la città natale di Michelangelo Buonarroti, mi ricorda che oggi sarà giornata di pieghe.
Il pittoresco paese ospita, manco a dirlo, nel castello trecentesco sopra l’abitato l’interessante museo michelangiolesco, che custodisce calchi e produzioni fotografiche delle opere dell’artista. Da qui si possono seguire 2 strade. La prima, più breve direttamente verso la Verna ed il suo eremo, l’altra verso Pieve Santo Stefano per salirvi dal valico dello Spino. E’ un ordine, scegliete la seconda.
Il percorso, che è anche quello di una famosa crono scalata che si svolge in primavera inoltrata, è una vera gioia per la guida. Se siete ormai in trance agonistica arriverete alle porte di Bibbiena, e ciò non può che voler dire che avete saltato la sosta al santuario della Verna edificato da San Francesco nel 1214. Qui il santo 10 anni dopo vi ricevette le stimmate ed oltre ad essere meta di pellegrinaggi è situato in bella posizione su di una vetta calcarea. Siete tornati indietro? Ne valeva la pena.
Bibbiena e Poppi sono centri sorti nella valle dell’Arno: il primo è un centro industriale, il secondo è un simpatico borgo medioevale dominato da una rocca visibile a km di distanza. Ed è proprio da Poppi che parte probabilmente la strada più spettacolare per Camaldoli. Alcune guide definiscono la foresta entro la quale è racchiuso il complesso monastico, straordinaria, e non esagerano affatto!
Oggi tutelato nel parco nazionale queste terre furono regalate a S. Romualdo dal conte Maldolo di Arezzo (da qui il nome Ca’Maldoli). 2 le strutture: l’eremo ed il monastero. Il primo più in alto, sarà il primo ad essere raggiunto dall’itinerario. La luce che filtra nel bosco, sembra rievocare le perlustrazioni di un Romualdo, ormai non più giovane, che rimane affascinato da questa foresta per valutarne positivamente la comodità dei sentieri e dei torrenti, la vicinanza dei campi coltivati e la possibilità del totale isolamento. Nel corso della sua vita, il santo aveva compiuto decine di scelte simili, in Italia ed all’estero, per collocare e dare sistemazione ai discepoli che il suo passaggio suscitava ovunque, ma questa è sicuramente una delle più felici.
La storia narra che una volta scelto il luogo, vi edificò 5 celle ove stabilì 5 fratelli e costruì più in basso una casa, vi mise un monaco con 3 conversi per ricevere gli ospiti, affinché l’eremo rimanesse sempre nascosto e lontano dai rumori del mondo. Sicuramente una soluzione originale, unica nel monachesimo occidentale.
Assai interessanti sono anche i prodotti esposti nelle farmacie del complesso, le cui attività iniziarono nel lontano 1048 supportate da un ospedale. Un paio di incendi con relative riedificazioni hanno portato alla struttura odierna che risale al 1513. Per scendere verso la Strada Stratale 71 del fantastico passo dei Mandrioli, ci sono 2 possibilità una direttamente dal monastero, l’altra risalendo per la ripidissima strada che conduce nuovamente all’eremo per poi prendere a destra su di una panoramica strada in parte sterrata ma facile.
Grandi soddisfazioni di guida!
Una volta scesi a valle è possibile evitare la superstrada che incombe sul panorama con inquietanti e continui cavalcavia, andando a destra prima di Bagno di Romagna per la vecchia Strada Statale 3. La strada è sporca, scivolosa, ma splendidamente desolata per poi migliorare e permettere un bell’ingresso a Sansepolcro. Da qui siamo vicini ad Anghiari, da dove arriveremo transitando nella valle dove si svolse la celebre battaglia del 1440, che ispirò Leonardo da Vinci e che vide prevalere i fiorentini sulle milizie viscontee.
Siamo alla fine. Manca all’appello solo il fantasma di Baldaccio, che leggenda vuole si aggiri certe notti per le sale del castello!
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