Le parole e le idee di Samarcanda
Nel libro di Luca Maggitti, la cultura in provincia per un’Italia migliore con le interviste e le immagini del Premio Borsellino e del Premio Fava.
Cultura in provincia nel nome della legalità. Sono anni che Luca Maggitti abbina alla sua attività di giornalista (è il direttore di «Roseto.com») quella di organizzatore di eventi culturali. Tra questi, nel suo curriculum, e nel suo cuore, data la passione che vi riversa, spiccano quelli che lo hanno visto partecipare come intervistatore a tanti appuntamenti del Premio Borsellino, del Premio Fava e del Premio Biagi. Manifestazioni nate dall’impegno di Leo Nodari e alle quali Maggitti si è dedicato anima e corpo, sempre fedele a quello spirito di volontariato che dovrebbe valergli una medaglia. A forza di darsi da fare, edizione dopo edizione, Maggitti ha incontrato uomini e donne che hanno dedicato la propria vita alla lotta alle mafie o che l’hanno consacrata a battaglie di libertà. Da questo lungo percorso di “ascolto”, ha tratto una raccolta di interviste, “Samarcanda. Cultura in provincia per un’Italia migliore” (Carsa Edizioni, pp. 120, 15 euro). Giustizia e legalità sono tematiche dove la retorica può ben farla da padrona, se di mezzo non ci sono i contenuti, ed è curioso che, in tempi di scellerato divismo televisivo, siano proprio dei nomi, ma altri "nomi", a fare da garanzia sulla qualità di questo libro e del lavoro che c’è dietro: Gian Carlo Caselli, don Luigi Ciotti, Rosaria Capacchione, Lirio Abbate, Carlo Vulpio, Sandro Ruotolo, Beppino Englaro, Nicola Gratteri, Antonio Ingroia e don Aniello Manganiello, per citare i più noti. Persone che Maggitti ha intervistato nel corso degli anni e che, fra i tanti, hanno soprattutto un argomento: se stesse, la propria storia, le proprie idee, il proprio significato etico e civile. A parlare con gente di questo calibro, è facile correre il rischio di cedere alle lusinghe della mitizzazione non meno che a quelle della demagogia. Sono scorciatoie e le scorciatoie sono per definizione le vie più facili. Ma è qui che il “cittadino” Maggitti cede il posto al “giornalista” Maggitti. Il cambio di passo avviene con un ingrediente: la professionalità. Prima di un incontro, prima della presentazione di un libro, Maggitti si chiude nel suo studio, siede alla scrivania e fa una cosa: studia. Letteralmente: studia. Si documenta. Legge. Stende pagine e pagine di appunti pieni di domande e annotazioni. Organizza un discorso, mette a punto le idee. Si prepara. Guadagna una consapevolezza “critica” della materia. Informarsi prima di informare, informarsi per informare. Non è un gioco di parole in forma di slogan da quattro soldi. È un fatto. A Roseto c’è un giornalista che ha la buona abitudine di non prendere troppo sul serio se stesso ma di prendere molto sul serio gli altri: un giudice o un cronista sotto scorta, oppure i tanti che siedono in una platea per ascoltare chi ha qualcosa da dire. Ma “Samarcanda” non è solo questo, è anche un documento. Breve o no che sia, è buona norma che un’intervista giustifichi se stessa grazie a quel che porta alla luce. Queste di Maggitti sono un campionario di esperienze, raccontano una sensibilità civile che percorre l\'Italia, sono un bacino di sguardi sulla malavita organizzata. Sono anche, nel loro insieme, un coro sui vari modi di percepire o intendere la libertà. Di buono, “Samarcanda” ha che è un libro utile: nelle scuole, per dirne una, ci starebbe benissimo. Starebbe bene anche in un corso di giornalismo. Culturale, magari. Lo dicono le domande. Quando si fa un’intervista, non si sfugge alla regola: a un’azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Cioè a dire: una buona domanda è la premessa per una buona risposta. Sono buone le domande chiare e precise, ma le domande chiare e precise vengono fuori se si sa di che cosa si sta parlando. E con chi. Il cerchio si chiude. Rieccolo, lo scrupolo con cui Maggitti prepara i suoi faccia a faccia.
Simone Gambacorta