Il basket italiano degli anni ottanta fu segnato dall’acquisizione dell’Olimpia Milano da parte della famiglia Gabetti, leader del settore immobiliare, dando vita ad un ciclo di grandi vittorie. Da un punto di vista gestionale Milano si dotò di una struttura indipendente rispetto all’azienda di riferimento, con dirigenti professionisti legati al mondo dello sport. [1].
La società meneghina era la più vicina ad una strategia da club professionistico nel panorama cestistico italiano, sul modello americano. Restava fondamentale la capacità di attirare importanti contratti di sponsorizzazione (Simac, Tracer, Philips), con il ruolo delle Tv e i relativi diritti che diventava sempre più importante, con una sempre maggiore visibilità che incrementava il valore dei marchi.
Nell’altra metropoli la Virtus Roma raggiunse il vertice (culminato con il titolo italiano del 1983 e quello europeo del 1984) con la sponsorizzazione del Banco di Roma, gruppo bancario pubblico, anche se non fu creata una struttura gestionale professionale come a Milano.
La fine degli anni ottanta e l\'inizio dei novanta vide dei contesti nuovi come l’entrata nel mondo della pallacanestro del gruppo Ferruzzi di Gardini [2], colosso industriale, che assunse la proprietà e la gestione diretta della Virtus Roma tramite il giornale di proprietà Il Messaggero, che divenne anche lo sponsor. Vennero rilevati i valori patrimoniali e i diritti sportivi del club dal Banco di Roma, operazione valutata intorno ai 7-8 miliardi di lire [3].
Il club si poneva sul piano del professionismo dichiarato, arrivando a sfidare la NBA, strappando nell’estate del 1989 due giovani prime scelte al draft come Danny Ferry e Brian Shaw, rispettivamente a Cleveland Cavaliers e Boston. Roma offrì cifre migliori (circa un milione di dollari a testa) rispetto a quelle che potevano garantire le due franchigie che si erano assicurate i diritti sui due giocatori usciti dai College, sfruttando i tetti salariali imposti dalla NBA. Fino a quel momento in Italia erano giunti dall’NBA solamente grandi giocatori a fine carriera (McAdoo, Gervin, Dawkins), tuttavia furono due casi isolati destinati a non ripetersi.
Nel frattempo un altro grande gruppo come Benetton si affermava a Treviso [4], arrivando alla conquista del primo scudetto nel 1992: come a Roma vi era sovrapposizione e divisione tra la proprietà e la gestione della squadra, nell’ambito di un sensibile professionismo di gestione e di programma relativo allo sport [5].
Tuttavia, mentre il gruppo Ferruzzi fu travolto dallo scandalo tangentopoli, il modello Benetton è rimasto un valido esempio per gli anni a seguire. La costruzione del PalaVerde, di proprietà della società, era un caso isolato nel panorama sportivo italiano. La società trevigiana era inserita in un progetto dal valore sociale oltre che economico, legato al territorio, in favore dello sviluppo dello sport grazie alla creazione di una struttura aperta anche allo sport per tutti.
L\'ingresso di nuove figure imprenditoriali portò all’avvio del processo di affidamento di un ruolo strategico a general manager di professione specifici per il mondo dello sport [6].
Nonostante queste novità, nei primi anni novanta ci si trovò di fronte a diversi problemi strutturali nella pallacanestro: la mancanza di fondi sufficienti (in apertura della stagione 1993/94 ben 12 club tra A1 e A2 non avevano ancora un contratto di sponsorizzazione [7]), l’indebitamento crescente di molte società e l’assenza di una vera struttura manageriale nei singoli club.
In quegli anni si era inoltre arrivati a cifre esorbitanti per il trasferimento dei giocatori con i grandi club che spendevano fino a oltre dieci miliardi di lire per aggiudicarsi il cartellino dei migliori [8]. Di fronte alle difficoltà si iniziarono a fare dei passi indietro, cercando di contenere i costi, dopo che anche i piccole club avevano tentato di stare al passo con le grandi andando oltre le proprie possibilità.
NOTE
[1] S. Battente, T. Menzani, Storia sociale della pallacanestro in Italia, pag. 183.
[2] Già attivo nello sport con il Moro di Venezia (vincitore della Louis Vuitton Cup nel 1992) di cui lo stesso Raul Gardini era presidente, sostenuto dall\'impegno economico e tecnologico della Montedison.
[3] Da Il Messaggero Compra La Roma Del Basket,La Repubblica, pag. 39, 12 maggio 1988. La presidenza venne assunta da Carlo Sama, presidente e amministratore delegato dell\'editrice Il Messaggero.
[4] Non solo nel basket ma anche nel rugby (con il Benetton Rugby dal 1979) e nel volley (con la Sisley Volley nata nel 1987), le quali fanno capo a Verde Sport S.p.a. nata nel 1988, alla quale è affidata la gestione del centro sportivo polifunzionale de La Ghirada e del PalaVerde, oltre a curare l\'immagine e la comunicazione delle società della polisportiva. Da ricordare anche l’avventura in Formula Uno con la scuderia Benetton Formula dal 1986 al 2001, conquistando per due volte il titolo mondiale con Michael Schumacher.
[5] S. Battente, T. Menzani, op. cit., pag. 185.
[6] S. Battente, T. Menzani, op. cit., pag. 187.
[7] Luca Valdiserri, 1993, fuga dello sponsor, Corriere della Sera, pag. 35, 22 settembre 1993.
[8] Tra i maggiori colpi di mercato: Antonello Riva da Cantù a Milano per un 10 miliardi nel 1989, Andrea Niccolai da Montecatini a Roma per 13 miliardi nel 1990, Stefano Rusconi da Varese a Treviso per 20 miliardi, Riccardo Morandotti dalla Virtus Bologna a Verona per 10 miliardi nel 1991, Riccardo Pittis da Milano a Treviso per 11 miliardi e Nando Gentile da Caserta a Trieste per 8 miliardi nel 1993.
[continua]
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Il basket italiano in TV, dagli Anni ’50 ad oggi, splendidamente raccontato da Stefano D’Andreagiovanni.
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Stefano D’Andreagiovanni
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