Un appassionato spaccato della storia del basket a Chieti, raccontato in un volume pubblicato alla vigilia del ritorno in Serie A2 del sodalizio cestistico teatino.
Così si può definire “Una città a canestro – storia e immagini di un’infinita passione”, il libro scritto dal giornalista Giuseppe Rendine e da Emanuele Di Nardo.
L’opera ripercorre attraverso risultati, aneddoti, immagini e ricordi dei protagonisti, settant’anni di vita cittadina legata al mondo della palla a spicchi, passando dalle mattonelle della Villa comunale alle poltrone del PalaTricalle. Una passione infinita che accomuna diverse generazioni, sempre e comunque affascinate dal mondo della palla a spicchi.
Il libro è disponibile a Chieti presso la libreria De Luca in via De Lollis, il Mondadori Bookstore di viale Benedetto Croce e la copisteria Edidesan in via Pollione, al prezzo di copertina di 15 euro.
Proponiamo, di seguito le prefazioni al libro dei due autori.
di Giuseppe Rendine
Entrare, da ragazzino, al campo della Villa comunale. E non uscirne più. Come accade per tutte le cose che hanno accarezzato la tua adolescenza e poi finiscono inevitabilmente per far parte di te, della tua storia che va a sovrapporsi, in un tumulto di ricordi, con quella di uno sport, di una squadra di basket, di una sequenza di episodi che inducono magari anche allo struggente ricordo di tanti amici. Di giornate vissute, mentre attorno cambiano diverse, forse anche troppe cose, con il cuore e la mente rivolti ovunque ci sia una palla a spicchi che rimbalza ed una retina che si muove. Oppure no. Ed allora è tormento, ma anche voglia di provarci ancora. Perché l’atletica giocata, com’è stata definita la pallacanestro, è tutto questo. Un’emozione ogni ventiquattro secondi, spesso ancora meno, metafora della vita quando sei chiamato a prendere decisioni in pochi attimi. Mentre intanto corri, tiri e salti e tutti, attorno a te, desiderano che faccia la cosa giusta.
Un ambiente particolare al quale si rimane legati per sempre, quello del basket. Bello da raccontare anche a coloro che gioiscono e soffrono per altri colori. Da non considerare mai nemici ma solo avversari per poco meno di due ore. Perché fanno parte di un mondo, specie se di provincia, probabilmente simile al tuo, ineluttabilmente rapito dalla magia del Gioco. E se molte pagine ed immagini del libro appaiono avvolte dal più classico “color nostalgia”, indefinito quanto incredibilmente intenso, tutte sembrano comunque reclamare la consegna agli archivi della memoria collettiva perché il tempo non finisca per sfumarne i contorni affievolendo l’intensità di tante emozioni.
Vivere, commentare, raccontare e magari poi trovare anche un giovane e appassionato compagno di viaggio che, oltre a scrivere, sa anche ascoltare dopo essere stato coinvolto in quelle suggestioni che “lu baskett” è stato puntualmente in grado di consegnare a diverse generazioni. In un momento in cui la Chieti Basket si appresta a tornare a vivere una stagione sportiva di ottimo spessore, ecco l’occasione di attraversare una storia che ha appunto interessato, negli anni, un’intera città. Radici profonde e tanti aspetti che vanno sicuramente al di là di un risultato sportivo. Una storia che porta dentro di sé il profumo dei tigli della Villa comunale e l’immagine di un PalaTricalle che ci si augura di vedere sempre più colorato di passione. Vecchia e nuova.
di Emanuele Di Nardo
Sfogliando queste pagine, subito percepiamo l’affascinante odore emanato della carta stampata. Ma non finisce qui. Il libro che stringiamo tra le mani ha la capacità di riattivare tutti i nostri sensi mentre ci immergiamo nel racconto. Chi ha vissuto gli eventi narrati, si sente tra i protagonisti della storia. Ricorderà il gusto dolce delle vittorie o quello amaro delle sconfitte, dov’era seduto durante gara3 con Fabriano al PalaSantaFilomena o da quale posto sventolava la sciarpa biancorossa contro la Virtus Bologna al PalaTricalle. Ricorderà com’era vestito il giorno in cui Chieti superò la Fortitudo Bologna e non potrà certo dimenticare le palpitazioni offerte da gara5 a Trieste e, l’anno dopo, da quella sul parquet di Mantova. Riassaporerà la dolcezza dei derby vinti ma anche l’amarezza di quelli persi e della fatale finale con Forlì, l’emozione legata alla tripla di Monaldi sulla sirena contro Legnano o a quella di Meluzzi contro Salerno.
Un libro che racchiude parte della nostra vita, scandita dai rintocchi della pallacanestro e condensata in un racconto scritto non con la smania saccente di quanti credono di conoscere tutto ma con il curioso ardore di chi intraprende un viaggio insieme al lettore. Sempre difficile raccogliere il testimone, specie quando il tuo bravo ed esperto compagno di squadra ha compiuto un grande sprint mettendoti nelle condizioni migliori per tagliare il traguardo. Prima di riceverlo, nella testa mille pensieri, la maggior parte forse legati al timore di non essere all’altezza della prova. Ma la staffetta è tutta questione di ritmo cardiaco e di ciclo respiratorio costante. Allora, mentre l’adrenalina scorre nelle vene, respiri profondamente ed elimini le tossine. L’incertezza lascia spazio all’entusiasmo, alla voglia di lasciare un seppur minimo segno nella storia della pallacanestro teatina. Ed in quest’estate, orfana dei Giochi olimpici di Tokyo, il parallelo con la staffetta appare calzante.
Per questo ringrazio il mio amico per aver fatto in modo di poter raccogliere il testimone e dare un piccolo contributo ad uno sport che mi ha letteralmente salvato la vita. Un contributo dedicato a due figure che hanno accompagnato la mia crescita: Cesidio Di Masso, vero ed appassionato istruttore, ed Alessandro Giuliani, semplicemente unico. Spero che queste righe riescano a trasmettere almeno parte della preziosa eredità che hanno lasciato i loro insegnamenti.