Mario Martorelli, che d’inverno vive nella Capitale e d’estate nel Lido delle Rose, ci regala i suoi pensieri. Fra metafore e allegorie, il senso della vita.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 23 Gennaio 2022 - Ore 11:00
Da ex giocatore di rugby non mi perdo nessun incontro in TV, ma adesso sto guardando stancamente una partita di calcio della squadra che seguiamo qui a casa mia.
È una noia che non finisce più! Il pallone viene rimandato sempre indietro e raramente in avanti, come se la porta in cui segnare debba essere la nostra.
Oggi sento dire: “Possesso palla”, mentre io sono rimasto a: “Passa all’ala tua!”, oppure: “Un calcione del difensore alla viva il parroco!”.
Osservo come l’attuale portiere non debba mai aver giocato né a basket né a volley. Lo si vede da come esce dai pali. Sempre fuori tempo. Ma chi allena i portieri?
Inevitabilmente m’addormento.
Dove mi trovo? In una sala fredda su un lettino stretto e lungo, ricoperto a stento. Una pletora di gente mi gira intorno e fa un sacco di caciara: “Dove ti metti tu? No, qui mi metto io!”.
A giro si avvicinano tutti e ognuno mi chiede: “Come si chiama? Quando è nato?”.
Vorrei dire che non debbo fare nessun intervento, ma dalla mia bocca non esce un fiato. Si avvicina una graziosa e garbata signora che si presenta: “Sono l’anestesista. Come si chiama e quando è nato? Soffre di allergie ai farmaci e/o all’anestesia? Ha subito altri interventi?”.
Cerco di rispondere, ma la voce rimane in gola e le faccio cenno di no col capo.
Mi chiedono di firmare una dichiarazione di autorizzazione all’intervento. A dire il vero non ho mai provato a firmare da posizione supina, il risultato è una bella croce. Non si scompongono, a loro sta bene lo stesso. Che valore avrà in sede di esame di esonero da qualsiasi responsabilità, questa bella croce sbilenca?
La caciara termina e il silenzio cala nella fredda sala. È arrivato il boss. Il chirurgo. “Stia tranquillo – mi dice – è per me un intervento di routine. Ne ho fatti più di quattromila. Lo faremo in anestesia locale”.
Da come lo dice, sembra che mi sta invitando ad una gita ai faraglioni di Aci Trezza con annesso bagno nelle acque color smeraldo, a pescare gustosi ricci di mare.
Sento qualcosa sul petto, non capisco se è dolore oppure se dipende dal fatto che non ho digerito l’impepata di cozze. Lo dico sempre: l’impepata mai la sera! Pizzica, cavolo! Ma come dirglielo, se non riesco a parlare?
Dalla mia bocca esce solo un suono strozzato, che fa capire che ho fastidio.
Una voce mi risponde: “Si, mi rendo conto. Abbia pazienza”. E dai che spinge. E dai che il dolore persiste. Certo che questo intervento è davvero fastidioso!
Non vedo l’ora di raccontarlo al bar “dei cinesi”, sotto casa. Sono sicuro che ci saranno almeno dieci amici che l’hanno già fatto. Li sento già dirmi: “È una fumata di sigaretta!”.
Sarà, allora, perché ho smesso di fumare da almeno vent’anni che invece a me non sembra?
Sento qualcosa di umido alla mano. È piacevole. E dai che insiste! Ma cos’è?
Mi sveglio. È il nostro biondo labrador. Era lui, che m’era salito sul petto e ora mi sta leccando la mano.
Lo abbiamo preso cucciolo e adesso è un cagnone che mi sta sempre vicino. Ci guardiamo, lui abbaia e io gli dico: “Bobby hai ragione, andiamo a fare il tuo solito giro. È ora”. Lui ha già il guinzaglio in bocca.
Prendo paletta e sacchetto, occorrenti per raccogliere quanto Bobby regalerà al giardinetto vicino casa ai piedi del solito albero, e di corsa giù per strada. Lui comincia a saltellare e la sua gioia si travasa in me.
E la partita di calcio? Continua a essere una palla!
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Roma Amor [Riflessioni dalla Capitale, di Mario Martorelli.]
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