Coach Francesco Ponticiello, Ciccio per il basket, scrive il suo diario marziano (e franco) per ROSETO.com. Un prezioso e graditissimo ritorno. Al solito, lettura imperdibile.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 28 Settembre 2023 - Ore 19:45
Peter Principle o Peter Principle?
I Tuxedomoon sono una band di culto, già dal nome, “la luna in frac”. E Peter Principle ne era il bassista, scomparso da qualche anno. Ma il Principio di Peter o “Peter Principle” - in inglese - è anche uno dei concetti chiave dello studio delle organizzazioni: ovvero che in una struttura gerarchica, ognuno tende a fare carriera fino al proprio livello di incompetenza. Come a dire che ognuno lavora per diventare più bravo, ma arrivato al suo punto più alto, proprio in quel momento… è costretto a fare ciò che non è capace di fare. Un paradosso.
What…?
Che poi, tradotto in termini cestistici, è come se un giocatore, dopo tutta la trafila delle giovanili ed i primi anni di apprendistato con i senior, giocasse ad un livello… che è troppo alto per lui. In realtà non è così, nel senso che la gerarchia, in ambito cestistico, funziona diversamente: non è basata sul criterio dell’innalzamento di livello per anzianità. Non è così meccanica, non deriva dagli anni che giochi. Il giovane giocatore non entra in prima squadra solo perché abbia 16, 17 o 18 anni. Molto più semplicemente, quando abbia acquisito certe capacità tecniche. Il completamento del percorso giovanile, il suo praticantato, è uno strumento d’apprendimento, non la misura del completamento di un iter burocratico. Chi è chiamato a valutare, allenatori, giemme, società, considera semplicemente se sia in grado o meno di giocare, ed a quale livello - A1 o A2, in B o in C. Non è la mera durata del percorso a decretarne l’approdo. Più di tutto conta “la visione”, ovvero la capacità di una società, di uno staff tecnico o dello stesso giocatore, di riuscire ad immaginare esattamente cosa, tra un mese, un anno o più, questi sarà in grado di fare. “Giocano solo quelli bravi”, chiosava qualche tempo fa Ettore Messina. In solo quattro parole, -giocano-solo-quelli-bravi-, la sintesi del perché in A2 ed in B siano falliti gli obblighi di utilizzo degli under: finivano con sostituire l’immaginazione, ovvero la capacità di investire in modo oculato, in nome di una maldestra applicazione del Principio di Peter.
Il giornalista ed il giornalista/giornalista…
“Fortapàsc” è uno dei film più significativi degli anni zero, con una bellissima scena alla Palestra CONI, al parco Castello, a Napoli - esattamente a metà strada tra Palazzo Reale, il teatro San Carlo ed il Maschio Angioino. L’autentica Alma mater del basket a Napoli. In quella scena, Giancarlo Siani esprime un concetto importante, ben più importante di quello arcinoto ed equivoco, in cui il suo caporedattore di Torre Annunziata [colui che, inconsapevolmente, lo condanna a morte…], divide la figura del giornalista da quella del giornalista/giornalista: l’impiegato dalla figura mitopoetica dell’eroe. È la scena in cui Giancarlo, davanti a degli studenti di liceo, dice a chiare lettere, che arriva un punto in cui tutti, il giornalista o chiunque altro, studente, lavoratore, debba decidere da che parte stare…
Cosa è l’acqua???
Negli anni in cui uscì “Fortapàsc” ero terribilmente in fissa con David Foster Wallace, che non è… il responsabile del programma di basket di un college del mid-west. Semplicemente il miglior scrittore della sua e mia generazione. La stessa di Giancarlo Siani ed una o due successiva a quella di Peppino Impastato - non peppinoimpastato, l’innocuo santino di cui alcuni celebrano in modo inconsapevole e distorto il martirologio: parlo di quel Peppino Impastato che fecero saltare in aria, a Cinisi, il 9 maggio del 1978.
Questa è l’acqua.
«Ci sono due giovani pesci che nuotano uno vicino all’altro e incontrano un pesce più anziano che, nuotando in direzione opposta, fa loro un cenno di saluto e poi dice, “Buongiorno ragazzi. Com’è l’acqua?”. I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro è gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?”».
Questa la storiella con cui David Foster Wallace inizia il suo discorso per la cerimonia delle lauree al Kenyon College, il 21 maggio del 2005. Si tratta della fotografia di un qualcosa che potremmo definire come “inconsapevolezza”: quella di chi, come i pesci, nuota nell’acqua senza nessuna percezione di quest’ultima, oppure respira l’aria e neppure fa caso ad essa. La medesima meccanica ed inconsapevole successione di eventi che sovrintende l’applicazione del Principio di Peter nelle strutture gerarchiche o che governava, fino allo scorso giugno, gli obblighi di utilizzo degli under nei campionati giovanili di basket.
“Ranking quindi sono…”
Uno dei meccanismi più consolidati di inconsapevole, impersonale, esposizione di informazioni, è quello che porta, generalmente, alla compilazione dei ranking pre-season. Un tempo erano visti con malcelato fastidio, chi si vedeva assegnare una stelletta in più si affidava ai più sguaiati rituali apotropaici; e chi uno in meno tirava un autentico respiro di sollievo. Un piazzamento di uno o due gradini più in alto nel ranking, è invece oggi ambito oltremisura. Conseguente che la topica sia dietro l’angolo, anche perché, a dispetto di quanto spergiurato da quel famoso presidente [di cui dubito la reale esistenza…], l’assemblaggio di un quintetto con 5 giocatori reduci da una stagione da 20pt di media, difficilmente assicurerà 100 punti sicuri ad allacciata di scarpe…
Questo è il basket/Cosa è il basket???
Tornando a David Foster Wallace [ed a Giancarlo Siani o a Peppino Impastato…], anche nel basket l’inconsapevolezza è il nemico da battere. Quello che, come nella scena più esilarante di Johnny Stecchino, fa chiosare al protagonista, Roberto Benigni, “[…] è nella terza e più grave di queste piaghe che veramente diffama la Sicilia e in patticolare Palemmo agli occhi de' mondo... hee... lei ha già capito, è inutile che io glielo dica... mi veggogno a dillo... è il traffico”. L’inconsapevolezza dell’acqua per i pesci, dell’aria per chi la respira, del basket per chi redige o legge meccanicamente dei ranking.
La Supercoppa del 2023 [e la leva calcistica del 68].
Sabato scorso, mentre aspettavo in camera, a Montecatini, che si facesse l’ora per arrivare al Palaterme e giocare la semifinale contro la Pielle Livorno, ripensavo alla Supercoppa di 12 mesi fa, alla finale tra Orzinuovi e Roseto, che il buon Luca Maggitti mi chiese di seguire e commentare. Ai cambi sistematici sul p&r da parte degli abruzzesi e di come, mesi dopo, come capo allenatore di Salerno, li attaccai nei due match di campionato. Divagazioni…
Da che parte stare…?
Come Giancarlo Siani, non quello del giornalista/giornalista, ma quello che invita a scegliere da che parte stare, allenare significa essere consapevoli, avere cognizione dell’acqua [e dell’aria], significa avere fiducia, scegliere: essere per “la bellezza”, quella di cui parla Peppino Impastato, nella scena chiave de “I Cento Passi” - mirabile racconto generazionale, di cosa davvero significhi essere contro - oppure accodarsi al carro e dispensare sorrisi, “ricchi premi e cotillons” [cit.].
In a manner of speaking…
Tornando a Peter Principle, sia nel senso di bassista che di principio di incompetenza, tutto “è un modo di dire”, in a manner of speaking, appunto. Poi conta cosa fai, da che parte stai.
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Francesco Ponticiello [Ciccio e franco]
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