Francesco Ponticiello [Ciccio e franco]
STRANIERI IN B1: A COSA SONO SERVITI E A COSA POTREBBERO SERVIRE...

Due domande – dopo il partitone di Terrence Roderick a Piombino – al coach della Npc Rieti, Ciccio Ponticiello, provando ad allargare l’orizzonte, forti delle passate esperienze.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 13 Gennaio 2024 - Ore 17:15

Tutto (s)corre e le note appuntate in agenda il lunedì finisce che hai tempo di analizzarle soltanto il sabato.

Così il partitone di Terrence Roderick della Npc Rieti corsara a Piombino domenica scorsa – 33 punti in 36 minuti, con 9 rimbalzi, 4 assist e 46 di valutazione – riesco a sviscerarlo soltanto oggi, con il mio amico coach Francesco Ponticiello, al quale rubo la sua rubrica per una intervista sull’uomo del momento in B Nazionale, Girone A.

Di Terrence Roderick – reduce da una stagione turbolenta culminata con la retrocessione dalla A2 alla B Nazionale, a Chieti – mi parlò molto bene coach Attilio Caja, che lo allenò a Rimini nel suo primo campionato italiano, in Legadue 2010/2011, dove lo aveva portato la famiglia Capicchioni dopo un periodo di svezzamento nella prima divisione austriaca con la squadra Arkadia Traiskirchen Lions di Vienna, che all’epoca era di proprietà della famiglia Capicchioni. Quella squadra è stata allenata dal 2005 al 2012 dal brindisino Andrea Maghelli, che per Roseto.com tenne – ormai quasi 20 anni fa – il suo “Diario Mitteleuropeo” iniziando la sua esperienza nella Bundesliga d’Austria, dove ha pure vinto il Campionato con il BC Vienna nella stagione 2012/2013, dopo aver perso le finali playoff con i Lions negli anni precedenti.

Coach Maghelli, oggi in B Femminile con il Rimini, oltre a Terrence Roderick ha lanciato dalla piattaforma austriaca dei Leoni anche un giocatore di livello mondiale come Nemanja Bjelica, con lui a Vienna nel 2007/2008 e poi giocatore di squadre NBA e di Eurolega.

Insomma: il turbolento Terence alla corte di Ciccio Ponticiello, tesserato in aderenza ai regolamenti nonostante il passaporto statunitense perché provvisto di permesso di soggiorno da studente, mi intriga alquanto.

Ecco dunque due domande al volo.

Caro Ciccio, Attilio Caja mi disse che Roderick a Rimini fu perfetto. Poi, negli anni, diciamo che le referenze – personali, non discutendo mai il giocatore – non sono più state di quel livello. Tu lo hai preso da studente, rimandandolo a scuola. Possiamo stare tranquilli?
«L’evidenza del fatto che l’approdo in B d’élite di Terrence Roderick abbia scatenato un doppio buonumore – quello dei tifosi della NPC e di coloro che lo abbiano visto giocare sul campo, così come di coloro che hanno spinto sul pedale dell’ironia social – dimostra ulteriormente la positività dell’operazione. Perché il basket, pur essendo per tanti di noi un lavoro, una cosa molto, molto seria, deve indurre divertimento, gioia. “Deve far sognare”, come ripete spesso il patron della NPC, Peppe Cattani. Nel merito, Terrence è davvero impegnato in un percorso di studio  dell’italiano, è un dato di fatto. Può sembrare strano in un momento storico in cui siamo inondati dall’orrore del “TVB” o delle “kakkiate” scritte con la K, ma è così. Ed a chi crede che si tratti di una forzatura, rispondo che in realtà Terrence, pur avendo giocato più di 8 stagioni da straniero nei campioni italiani, non rientra nella deroga che gli consentirebbe di giocare addirittura da formato, solo perché il suo primo tesseramento in Italia, per la precisione a Rimini, in una A2 all’ultimo anno in regime fiscale professionistico, non fu, come invece prescrive la norma, da “dilettante”. Fosse arrivato a Rimini 12 mesi dopo, nella A2 ridiventata formalmente dilettantistica, sarebbe stato un giocatore formato».

Noi, a Roseto, abbiamo Vangelis Mantzaris – greco che “fa l’americano” – e altri giocatori come lui e Terrence ci sono. Quanto spostano, a tuo avviso, giocatori di questo calibro nella rinata terza serie nazionale?
«La scorsa estate in tanti erano scettici sul fatto che questo neonato campionato potesse avere i medesimi effetti della B d’Eccellenza degli anni zero. L’obiezione principale che veniva sollevata era che in quegli anni si era determinata una circostanza particolarmente fortunata, non più riproducibile ai giorni nostri. Ovvero che l’arrivo in dose massiccia di giocatori d’oltreoceano in A1 avesse indotto tanti giocatori di altissimo profilo, ex nazionali o addirittura con esperienze in NBA, a scendere in B1. Parliamo di giocatori come Riva, Gentile, Esposito, Rusconi, Fantozzi, Binelli, Avenia, Bonaccorsi (questi ultimi due poi ritornati in A1, anche in quintetto, proprio con Roseto), Pace Mannion, Brian Shorter e tanti altri. Dei giocatori che, oltre a dare un incredibile contributo all’altissimo livello tecnico di quel campionato, aiutarono tanti allora giovani giocatori – mi vengono in mente Luca Vitali, Peppe Poeta, Andrea Cinciarini, Guido Rosselli – tutti poi approdati in Nazionale. L’apporto alla loro crescita, indifferentemente come compagni di squadra così come avversari, da parte di quei giocatori di altissimo livello, è innegabile. Non è plausibile, mi chiedo, che una eventuale stagione di approdo di stranieri di alto livello in B1, possa produrre effetti similari, strapositivi? Ovviamente ragioniamo per ipotesi, nessuno di noi può dare una risposta definitiva a un quesito di questo genere. Sicuro è che il dubbio sovvenga. Soprattutto che, citando di nuovo Cattani, “il far sognare” di giocatori di questo spessore tecnico e spettacolare sia da preferire ai muri, agli steccati. Al provincialismo di rifiutarsi di scoprire dove possa portare una cosa del genere, oltretutto per il sottoscritto non di per sé nuova: tra anni zero e 10, mi è capitato un qualcosa di similare con gli argentini, dal povero Fabian Tourn, ex capitano della nazionale albiceleste pre “generación dorada”, con me a Cefalù nel 2000, agli allora giovani Seba Vico (Sant’Antimo, Matera), Agustin Fabi (Reggio Calabria), Morici (Palestrina) per finire con i veterani come Gilardi, Carrizo, Ochoa e Birindelli».

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