Frammenti dal libro di Yuval Noah Harari, ’21 lezioni per il XXI secolo’. Scritto nel 2018, illustra anticipatamente e perfettamente l’impatto nella nostra società dell’intelligenza artificiale e riflette sulle guerre, con Israele che su Gaza...
Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 20 Agosto 2024 - Ore 11:15
[Estratto da pagina 15.]
I filosofi sono persone molto pazienti, ma gli ingegneri lo sono assai di meno, e gli investitori lo sono meno di tutti. Se non sapete che cosa fare con il potere di riprogettare artificialmente la vita, le forse del mercato non attenderanno migliaia di anni affinché possiate trovare una risposta. La mano invisibile del mercato forzerà su di voi la sua cieca risposta. A meno che non siate felici di affidare il futuro delle nostre esistenze alle rilevazioni trimestrali del fatturato, avete bisogno di un’idea chiara del senso della vita.
[Estratto da pagine 27, 28.]
Nel 1938 le condizioni di vita delle persone comuni in Unione Sovietica, in Germania o negli Stati Uniti potevano essere davvero pessime ma veniva loro costantemente ripetuto che erano la cosa più importante del mondo, e che rappresentavano il futuro (a patto, è ovvio, che fossero “tipi comuni” e non un ebreo o un africano). La gente guardava i manifesti della propaganda – che utilizzavano immagini di minatori, operai siderurgici e casalinghe in pose eroiche – e si riconosce: “Sono su quel manifesto! Sono un eroe del futuro!”.
Nel 2018 la gente comune ha l’impressione di essere sempre più irrilevante. Una gran quantità di parole misteriose punteggiano in modo inarrestabile le conferenze TED, i gruppi di esperti governativi e i convegni sulle nuove tecnologie – globalizzazione, blockchain, ingegneria genetica, intelligenza artificiale, apprendimento automatico – ed è comprensibile che la gente sospetti che nessuna di queste parole la riguardi.
La narrazione liberale era quella della gente comune. Come può continuare a essere rilevante in un mondo di cyborg e di algoritmi collegati in rete?
[Estratto da pagine 252, 253, 254.]
Persino gli Stati Uniti diventarono una grande potenza continentale attraverso un’azione militare e non solo grazie all’intraprendenza economica. Nel 1846 invasero il Messico e conquistarono la California, il Nevada, l’Utah, l’Arizona, il New Mexico e parti del Colorado, del Kansas, del Wyoming e dell’Oklahoma. Il trattato di pace confermò anche la precedente annessione del texas. Nella guerra morirono circa 13.000 soldati americani, un sacrificio che aggiunse 2,3 milioni di chilometri quadrati agli Stati Uniti (un territorio più grande di Francia, Gran Bretagna, Germania, Spagna e Italia messe insieme). Fu l’affare del millennio.
[...]
La vittoria più grandiosa della storia – quella degli Stati Uniti sull’Unione Sovietica – è stata ottenuta senza alcun confronto militare. In seguito gli Stati Uniti hanno voluto riassaporare il gusto effimero della gloria militare di una volta con la prima guera del Golfo, ma questo è stato solo l’inizio dello scialo di trilioni di dollari nei successivi umilianti fallimenti militari in Iraq e in Afghanistan.
La Cina, la potenza in ascesa agli inizi del XXI secolo, ha accuratamente evitato tutti i conflitti armati dopo la fallita invasione del Vietnam del 1979, e si è conquistata il suo ruolo nel mondo esclusivamente con l’espansione di investimenti economici strategici. In questo non ha emulato gli imperi giapponese, tedesco e italiano dell’era coloniale precedente al 1914, bensì i miracoli economici giapponese, tedesco e italiano dell’era del boom economico successivo al 1945.
Prosperità economica e influenza geopolitica sono state conquistate senza sparare un colpo.
[...]
Per Israele vale il medesimo discorso. Il suo ultimo successo bellico risale al 1967. Da allora Israele ha prosperato malgrado i suoi numerosi conflitti, non grazie a essi. La maggior parte dei territori occupati da Israele è gravata da pesanti tributi economici e da responsabilità politiche paralizzanti. Come l’Iran, Israele ultimamente ha migliorato la sua posizione geopolitica non certo grazie a trionfali campagne militari. Mentre la guerra devastava i precedenti nemici di Israele in Iraq, Siria e Libia, Israele è rimasto in disparte. Si può affermare che non essersi lasciato coinvolgere nella guerra civile siriana è stato il maggior risultato politico di Netanyahu (fino a marzo 2018). Se lo avesse voluto, l’esercito israeliano avrebbe potuto impadronirsi di Damasco in una settimana, ma che cosa ci avrebbe guadagnato Israele? Sarebbe anche più facile per l’esercito israeliano conquistare Gaza e rovesciare il regime di Hamas, ma Israele ha sempre evitato un’azione di questo genere. Nonostante la sua abilità militare e la retorica aggressiva dei suoi leader politici, Israele sa che c’è poco da vincere con una guerra. Come gli Stati Uniti, la Cina, la Germania, il Giappone e l’Iran, Israele sembra aver capito che nel XXI secolo la strategia migliore è stare seduti a guardare gli altri che combattono per te.
Yuval Noah Harari
21 LEZIONI PER IL XXI SECOLO
Bompiani – 2018 – Pagine 524 – Euro 24
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