Oggi è morto Padre Quirino Salomone. Aveva 86 anni.
Abruzzese di Taranta Peligna (CH), frate francescano ordinato sacerdote nel 1963, era una figura di riferimento della Perdonanza.
Giornalista e direttore della rivista “La Perdonanza”, autore di diversi saggi, è stato rettore della Basilica di Santa Maria di Collemaggio per ventidue anni, dal 1977 al 1999.
Fondatore del Movimento Celestiniano, ha passato la vita a diffondere il messaggio del perdono, ispirandosi alla figura di Celestino V, con cui condivideva una visione di umiltà e compassione.
Ho conosciuto Padre Quirino Salomone oltre 30 anni fa, a Roseto degli Abruzzi. Ero un attivista della associazione culturale (che avrebbe poi partorito una lista civica) “Roseto Unita” e organizzammo diverse cose, tra le quali una tavola rotonda, sulla guerra in Jugoslavia, nel 1994, con immagini proiettate fornite da Padre Quirino.
Nel 1993 uscì anche il volume “Il Dirimpettaio”, scritto da Padre Quirino Salomone con Silvia Manetta.
All’interno di quel libro – che riletto oggi è ancor più struggente, vedendo le lettere di quei bambini di 31 anni fa (chissà dove sono, cosa fanno e come la pensano, oggi) – Padre Quirino ricordava la sera del 30 maggio 1993 e la grande emozione di una catena umana, diventata fiaccolata di due chilometri, di fronte alla Jugoslavia. A Roseto degli Abruzzi.
Nel 1994, occupandomi di una mostra fotografica con tavola rotonda sul conflitto nei Balcani, intitolai l’incontro “Di fronte al fronte” e ci furono anche momenti di tensione, fra serbi e croati riparati in Italia.
Sono passati oltre 30 anni e mai l’Europa ha avuto tanta guerra come oggi, più di allora. Anzi, è il mondo che ha guerra dappertutto. Più di allora.
Penso alle innumerevoli iniziative, alle vite intrecciate di tante persone di buona volontà e oggi – con il pragmatismo (cinismo?) – dei miei 55 anni, penso che il male tende sempre a vincere. Maledizione!
E però penso che uomini come Padre Quirino Salomone, con il loro lavoro, sono stati importanti e hanno lasciato una straccia, messo a dimora un seme che oggi più che mai bisogna innaffiare.
All’epoca, noi mettemmo in piedi numerose iniziative, fra Roseto Unita e Mani Tese con Leo Nodari (nel 1992 nacque pure il Premio Nazionale Paolo Borsellino). Avevamo già fatto progetti per supportare gli anziani dell’ospizio di Teramo (Ducato Aid, nel 1991), poi crescemmo e facemmo cose importanti per la Comunità di Sant'Egidio di Roma e per la guerra in Jugoslavia, mandando aiuti alla città croata di Makarska gemellata con Roseto e verso il confine camion di derrate alimentari e vestiti, oltre a soldi che andavo raccogliendo in giro (oggi, rivedendo le ricevute, mi sono venuti i lucciconi), per poi scrivere tutto (distinte di bolle di accompagnamento, lettere, comunicati, locandine) al mio personal computer, con le varie carte intestate, perché ero uno dei primi del giro di amici ad avere il PC in casa.
All’epoca – diciamo nei primi 4 anni degli Anni 90 – la mia casa di via Seneca 5 dove oggi vivo, prima della ristrutturazione del 1996/1997, divenne una sorta di magazzino in cui con gli amici ci riunivamo per comporre i pacchi di vestiti, le cassette di alimenti e quant’altro.
C’erano Marco Rapone, Fabrizio Rapagnà, Leo Nodari, Luigi Felicioni, Roberto Clementoni, Agostino “Piersanti” D’Agostino, Alberto D'Agostino, Roberto Rapone e altri amici che al momento dimentico.
Fummo spinti da tanti valori, fra i quali anche quelli di perdono e fratellanza propugnati da Padre Quirino Salomone, che riposi in pace.