Uomini di Basket
FE-NO-ME-NA-LE!

Intervista a Dan Peterson. Comprese le domande dei forumisti di ROSETO.com.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 25 Agosto 2006 - Ore 23:30
Da Wikipedia, l\'enciclopedia libera in internet.

Dan Peterson (Evanston, Illinois, USA, 9 gennaio 1936) è un celebre ex-allenatore di pallacanestro e telecronista sportivo.

Biografia
Frequenta la Oakton Elementary School, la Nichols Jr. High School e la Evanston Township High School (ETHS). Fu proprio il suo coach, Jack Burmaster, ad ispirarlo ad intraprendere a sua volta la carriera allenatore, dopo che la squadra guidata da Peterson aveva vinto tre titoli in tre anni con la Ridgway Club nella YMCA di Evanston.
Si laurea come insegnante di basket nel 1958 alla Northwestern University, e nel 1962 riceve un titolo d\'istruzione in Sport Administration dalla Michigan University.
Dal 1963 comincia ad affermarsi come allenatore, prima negli Stati Uniti, e poi in Italia, dove ottiene grandi riconoscimenti, vincendo ben cinque scudetti e diverse competizioni europee con la Virtus Bologna e con l\'Olimpia Milano.
Diventa un personaggio noto in tutta la penisola, anche al di fuori del mondo della pallacanestro, grazie ad alcune campagne pubblicitarie che lo vedono protagonista tra il 1985 ed il 1994. Grazie a questa popolarità, gli viene offerta la sua prima conduzione televisiva nel 1993, quando diventa commentatore della Lega Italiana Basket per TMC, Tele+ e per la Rai. Commenta, con il suo inconfondibile accento americano, anche diverse edizioni della WWF prima e della WWE poi.
Partecipa a diverse trasmissioni televisive come opinionista e collabora con La Gazzetta dello Sport,il sito Basketnet ed altre riviste di basket come Giganti del Basket, Superbasket ed American Superbasket.
Attualmente è uno dei commentatori e opinionisti di Sportitalia e scrive per La Gazzetta dello Sport e SportWeek.

Palmares
5 Scudetti
3 Coppa Italia
1 Eurolega
1 Coppa Korac
È stato inoltre eletto 2 volte Allenatore dell\'anno in Italia ed 1 volta in Europa.


INTERVISTA

Coach, lei è citato in Wikipedia, l’enciclopedia ondine di internet. Calcolando che in Italia ci sono soltanto quasi 189.000 voci, ad oggi, direi che è una bella soddisfazione…
“Non sapevo questo. Sapevo che sono in un’altra enciclopedia, una stampata. Adesso che mi hai ispirato, torno a casa e vado a controllare se ci sono o meno. Che poi li ci sono tutti gli incroci, come si dice, i link … vado a studiare …”

Con quali ingredienti lei ha trovato l’America in Italia, andando oltre il basket?
“Innanzitutto la formazione che ho avuto in America: la mia famiglia, gli insegnanti, gli amici, i giocatori. Tutto questo mi ha aiutato molto. Poi c’è stato un ponte fra l’America e l’Italia e quel ponte è stato il Cile, paese in cui sono stato coach della nazionale di basket. Lì ho imparato le regole FIBA e imparato una lingua latina. Io parlavo lo spagnolo, ma un conto è saperlo un po’ e un conto è vivere in un paese dovendo parlare la lingua. Poi ho fatto il salto culturale. Tutte queste cose mi hanno aiutato in Italia. Poi, fattore importantissimo e mio segreto: faccio cose che mi piacciono, mi diverto a lavorare e non faccio cose che mi stressano e mi rompono le scatole. Poter scegliere è molto importante. Stasera, essere qui per una presentazione, è come allenare, anche se non alleno più: l’adrenalina va, mi sento in campo, la gente si aspetta qualcosa da me e devo essere bravo, senza essere protagonista. Mi piace.”

5 Scudetti, 3 Coppa Italia, 1 Eurolega, 1 Coppa Korac, È stato inoltre eletto 2 volte Allenatore dell\'anno in Italia ed 1 volta in Europa. Che il Dio del basket la benedica. Qual è il ricordo più vivo del trofeo vinto, se ci pensa così, a caldo, senza soffermarsi troppo?
“L’ultimo anno a Milano abbiamo vinto tutto, il Grande Slam, e quindi è logico dire questo. Però se chiedi, anche ai miei ex giocatori (D’Antoni, Gallinari), tutti parlano del mio primo anno a Milano, quando ho fatto la finale con la famosa ‘Banda Bassotti’ e cioè con sei juniores. Mike D’Antoni mi ha detto che a Phoenix voleva fare una squadra come quella della ‘Banda Bassotti’, se chiedi a Gallinari ti dirà che la sua più grande soddisfazione è la ‘Banda Bassotti’. Persino i ristoratori si ricordano di quel nome che coniò Oscar Eleni. Quella stagione perdemmo la finale Scudetto contro la mia ex squadra, la Virtus Bologna e per me fu una coltellata al cuore. Abbiamo perso, ma tutti ricordano quell’annata. Però dico ovviamente il Grande Slam, quando vincemmo – ironia della sorte – Coppa Italia di 2 punti, Coppa Campioni di 2 punti, Campionato (finale Scudetto) di 2 punti. Quando mi dicono che abbiamo dominato, rispondo che non abbiamo dominato un caxxo. Abbiamo vinto e io sono sopravvissuto …”

Dan Peterson e Valerio Bianchini: una sfida che contribuì a far crescere la popolarità del basket. Perché non ci sono più allenatori-personaggi?
“Non c’è qui Valerio Bianchini, altrimenti direi che non parlo degli stronzi prima delle ore 18 (e scoppia a ridere, n.d.r.). Scherzi a parte, Valerio è un grande ed un mio amico. Noi abbiamo fatto la finta guerra fra di noi. In quanto a oggi, beh, intanto tutte le squadre di Eurolega giocano nel medesimo modo. Tutti hanno due schemi. Se tu prendi un giocatore del Barcellona e lo porti al Panathinaikos non pagherà nessun scotto. Giocano tutti allo stesso modo: pick’n’roll e triplo blocco … magari gli danno nomi diversi, ma la sostanza non cambia. Poi gli allenatori di oggi hanno il patto di non aggressione: tu non parli male di me, io non parlo male di te. Ai miei tempi, ogni allenatore aveva il suo stile: Gamba, Taurisano, Pentassuglia, Bianchini. C’era spessore, una intervista con Pentassuglia era meglio di una intervista con D’Alema. E poi Bianchini: fenomenale, creava tutto da solo e poi i giornali gli davano 9 colonne e il titolo. Una vera volpe: andava a Cantù e lo Scudetto doveva andare in provincia, firmava a Roma ed era tempo che lo Scudetto andasse nella capitale, firmava a Pesaro e lo Scudetto doveva andare sull’Adriatico!”

Lei ha allenato i migliori. Il più intelligente in campo?
“Ovviamente Mike Dantoni, allenatore dell’anno in NBA, ma anche Bob McAdoo, che è vice allenatore a Miami e ha vinto il titolo.”

Il giocatore più acculturato?
“Joe Barry Carrol. Leggeva Shakespeare!”

Il più rompiscatole?
“Rompiscatole vero nessuno. Forse Cedric Henderson era forse il più difficile. Quando andava a ballare al Nepenta, discoteca alla moda a Milano, al mattino ricevevo decine di telefonate di tifosi. Io gli dicevo: ‘Cedric, non puoi andare al Nepenta’ e lui mi diceva ‘Ehi, coah, ma come hai fatto a scoprirlo’ e io lo spernacchiavo ‘Cedric, quanti ragazzi di 2 metri e 5 ci sono a Milano, di colore, che vanno a ballare al Nepenta?’. Comunque, tutto sommato, io non sono mai stato un sergente di ferro, ai miei ho sempre detto: siete professionisti, sappiatevi gestire.”

Oggi gli allenatori spesso soffrono troppi giocatori di carisma, lei spesso li aveva tutti carismatici. Sarà per questo, per la sua personalità e la sua attitudine a fare il ‘pastore di tori’ che lei riusciva a inventarsi marcature tipo quella di Gallinari su Wright?
“Tanti galli in un pollaio non sono stati un problema, perché sono stati uomini di squadra. La lori disponibilità di fare le cose, come ricordavi Gallinari su Larry Wright, era possibile per la grande disponibilità e per il lavoro sui fondamentali. Erano pronti, si impegnavano a fondo e quindi per me inventare certe cose era più facile.”

Nel Novembre 2002 ho intervistato Valerio Bianchini, che tra l’altro mi ha detto: “Mi occupavo del basket USA. Ai tempi non c’era internet e di andare in America non se ne parlava. Il mio luogo sacro era l’USIS (United States Information Service), una libreria colma di giornali e riviste. Io scopiazzavo e inventavo (erano gli anni del sogno americano), firmando Wally White. Dan Peterson mi rinfaccia ancora adesso quelle corrispondenze immaginarie dagli Stati Uniti”. Che mi dice in proposito?
“Valerio Bianchini ha diversi precedenti sulla fedina penale (ride, n.d.r.) sarà schedato anche dagli americani dell’USIS. A giorni presenterò la mia autobiografia e darà una copia al mio amico Valerio.”

Questa è un notizia. La sua autobiografia. Quando la presenta e come si intitolerà il libro?
“Si intitolerà ‘Quando ero alto due metri’ (scoppia una risata di gruppo, n.d.r.). Ero due metri, poi 35 anni di allenatore mi hanno ridotto come sono adesso. Il libro lo presenterò il 10 Settembre 2006 a Monza.”

A Valerio Bianchini chiesi anche se lui credeva che lei fosse un agente della CIA sotto copertura. Lui mi rispose: “Tutti lo sospettano e io continuo a chiedergli ogni anno se è ancora arruolato. Sta di fatto che il giorno prima del golpe di Pinochet lui se ne andò dal Cile …”. Lei che mi dice invece?
“Io sono andato via 12 giorni prima del golpe. Sono partito il 31 agosto, il golpe c’è stato l’11 settembre. In quanto alla storia dell’agente CIA, io dico che se sono stato agente CIA mi devono due anni di stipendio arretrati, con gli interessi.”

Adesso qualche domanda da parte di alcuni forumisti di ROSETO.com che la seguono con interesse.

Checo71 le chiede: “Caro Dan..il tuo basket era la carica del tuo the...Oggi che cosa ti da la carica in una partita? Qual\'è la tua azione ideale?”
“Io sono come un qualsiasi tifoso di basket: in attacco voglio vedere un passaggio ben fatto, in difesa voglio vedere un tuffo per una palla vagante o uno che ci mette il petto per subire uno sfondamento. Sono gesti da uomini-squadra, ma io apprezzo chi gioca per la squadra. Noi in America chiamiamo ‘collo blu’ gli operai, che non hanno il colletto bianco degli impiegati. A me piacciono quelli del colletto blu.”

Hakim le chiede: “Più di venti anni hai scritto un bellissimo libro, scritto in maniera straordinariamente chiara. ‘Basket Essenziale’. A distanza di tempo ed in seguito alla evoluzione continua del nostro gioco preferito, in che cosa dovrebbero essere modificati i consigli e le raccomandazioni che dava allora? Oppure è tutto come allora perchè i fondamenti del gioco sono sempre gli stessi?\"
“L’ho scritto 30 anni fa, anzi, per la precisione, 27 anni fa. Quel libro è uscito nel 1979, dopo il mio primo anno a Milano e infatti lo scrivevo durante la mia prima stagione milanese. Mi ha dato soddisfazioni incredibili, perché lo hanno ristampato nel 1985-86. Addirittura, visto che i giovani allenatori continuavano a fotocopiare, nel 2003 abbiamo fatto la terza ristampa. Io mi sono meravigliato di tanto interesse, ma evidentemente i fondamentali sono quelli, la filosofia e le motivazioni – mi dicono – sono sempre buone. Io credo che la scelta della parola ‘Essenziale’ ha colpito la gente, non so perché. Credo che quel libro, al di là di qualche schema anacronistico, forse vale sempre. E poi i miei schemi li usano tutti, anche se poi non mi danno merito per qualche schema che ho inventato io (‘stronzi’, ride, n.d.r.).”

Rosetano dal ’90 le chiede: “Cosa ne pensa della morte del Roseto basket?E secondo lei di chi è la colpa se ha seguito la vicenda?”
“(Arrivata telefonata e io sono passato avanti quando abbiamo ripreso. Le mie scuse al forumista per la dimenticanza, n.d.r.).”

Runner le chiede: “Mike D\'antoni:Meglio come giocatore o come allenatore?”
“Uguale. Ti racconto questa. Gara 2 finale Scudetto a Pesaro, sotto di 5 a 3 minuti dal termine. Chiamo time-out e gli chiedo se vuole fare zona 1-3-1. Lui mi risponde di no, che li avrebbero fermati uomo contro uomo. E lui aveva Kicanovic. Beh, 6-0 per noi, da meno 5 a più 1, con canestro finale di Mike. E Scudetto per noi. Un genio in campo, diventato sempre più bravo. Oggi, per me, è sicuramente l’allenatore più bravo del mondo.”

Et le chiede: “Come giudica il campionato della Nazionale ai mondiali, il gap tra USA e Italia (o più in generale Europa) si è ridotto secondo lei? E se si, come mai ? Troppo atletismo americano o più tecnica italiana/europea?”
“Se togli Wade, Anthony, James agli Stati Uniti, non battono nessuno. Non battono Italia, non battono Spagna. Stanno vivendo sulle loro stelle, prodotto di un sistema di vivaio etc etc. Il mondo si sta avvicinando alla grande e la stessa Italia, con una squadra di ‘colletti blu’, senza i giocatori di talento, ha dato una grande dimostrazione. Recalcati per me è il grande timoniere che ha dato la cosa fondamentale alla squadra: identità. Hanno fatto una preparazione lunga, hanno più fiato e vincono nel quarto quarto, quando gli altri sono stanchi. Contro Senegal, Slovenia e Portorico è andata così.”

A.A. le chiede: “Il basket italiano a livello di Club traballa perchè mancano i soldi delle TV a far quadrare i conti delle società. Lei è da 30 anni in Italia, se ne spiega il motivo? Ha un suggerimento per alzare il gradimento del prodotto da dare alla lega?”
“La televisione non conta niente. Quanto arriva ad ogni società da Sky? 50.000 euro? Non ci paghi neanche gli stuzzicadenti. Il problema è che ci sono pochi grandi proprietari. Scavolini era andato via, meno male che è tornato, Seragnoli sembra sia andato via, stiamo a vedere, Benetton ha dimezzato il budget, a Milano hanno speso qualcosa ma è l’ultimo anno del triennio del progetto. Non parliamo di Varese e Cantù, che non hanno budget da tagliare. Non ci sono soldi, non ci sono palazzi. Ho fatto un articolo su Basketnet.it sugli impianti. Il palazzo più piccolo delle squadre di ACB spagnola tiene 5.000 posti. In Italia 9 palazzi hanno meno di 5.000 posti. In Spagna, complessivamente 150.000 posti a sedere, in Italia 100.000: 3 a 2, come si può competere? Oggi l’Italia è forse la quinta potenza. Giocatori e allenatori fuggono dal campionato italiano. Israele ha soldi, la Germania sta arrivando, la Francia pure. Non è più come una volta, che c’era l’Italia e poi gli altri. Adesso c’è concorrenza europea e lo vediamo anche nel calcio”.

Drudo le chiede: “Negli Stati Uniti hanno introdotto da tempo il salary cap, per contenere le spese(?), diminuire le differenze tra le squadre e rendere più competitivo il campionato. In Italia abbiamo invece il pavimento salariale che è l\'esatto contrario. Cosa ne pensa? Riesce a trovare una logica in tutto cio?”
“Innanzitutto c’è il problema dei soldi sottobanco (il nero, n.d.r.). Bisogna avere una gestione più chiara ... (poi squilla il telefono, un signore, un certo Fabio, lo invita ad andare a vedere l’Inter a San Siro e la domanda si perde. Chiedo scusa di nuovo, colpa mia, n.d.r.).”

Chinaski le chiede: “Dan, ricorderai sicuramente il pazzesco finale di Roseto-Reggio Emilia dello scorso anno, quando Woodward uccellò a fil di sirena gli emiliani dopo la schiacciata sbagliata di Andre Brown. Secondo te, che avrai visto come minimo un milione di partite di pallacanestro, è lecito definirlo il + incredibile finale della storia del basket, oppure ricordi un finale di gara + clamoroso e allucinante?”
“Nella mia carriera, quando allenavo in NCAA a Delaware, abbiamo vinto una gara con un tap-in a fil di sirena del quarto tempo supplementare. E’ entrato un ragazzo che non giocava mai, alto 195 cm, e di sinistro, lui che era destro, l’ha messa dentro. Ero seduto in panchina … le mie chiappe sono andate per terra da quanto ero sotto choc! In Italia, D’Antoni era 0/9, ma al decimo tentativo ha messo la bomba con la quale abbiamo vinto a Livorno. Poi a Bologna ancora contro la Fortitudo. Tieni conto che ho 28 partite finite ai supplementari e ne ho vinte 21 …”

Lei ha nominato la Fortitudo Bologna e io mi ci collego per una domanda. Se le dico una opinione personale, io Luca Maggitti: Michele Martinelli potrebbe essere l’uomo scelto da Seragnoli per tagliare costi senza perdere troppi amici e mantenendo la sua immagine di uomo perfetto e generoso. Lei cosa mi risponde?
“Questa è una voce che gira. Io non ho nessuna prova. So che Martinelli c’è. Vediamo come vanno le cose. Trovo significativa l’uscita di Repesa, dico solo questo. Due indizi fanno una prova? Non ne abbiamo ancora due. Stiamo a vedere.”

Chiudiamo con la Pallacanestro Roseto. Ci dica qualcosa su questo nuovo progetto.
“La settimana scorsa sono andato a Trapani. Situazione quasi come quella di Roseto. Ripartenza con nuova società, anche se loro sono retrocessi. Voi di Roseto sapete, per essere stati in Serie A, che oggi le società della massima serie non hanno struttura. Hanno massimo 3 persone che fanno tutto. Pochissimi, davvero pochissimi, hanno struttura, perché tutti i soldi vanno ai giocatori. Purtroppo non c’è struttura. Io penso che sia Trapani sia Roseto siano ripartiti bene, perché hanno struttura. A Trapani hanno 18 allenatori, dal minibasket in poi, 3 fisioterapisti e altro. A Milano, Bologna, non esistono. Forse a Treviso qualcosa di più c’è. Credo che in Serie B si riesca a fare la base. Adesso, a Roseto come a Trapani, ci sono i presupposti per fare bene. Io dico: fai una società, fai una cosa seria, fai un progetto pluriennale, di tre anni magari, e poniti obiettivi. A Roseto, lo scorso anno, altro che tre anni: tutto aveva un orizzonte temporale di tre giorni. Adesso forse avete programmazione e organigramma, che non c’era in Serie A. Adesso, in Serie A non c’è struttura nelle società. Guardiamo ai risultati: Eurolega? Nessuno alla Final Four. Uleb Cup? Niente di niente. Insomma, dobbiamo ripartire dall’organizzazione e dalla struttura, perché la nostra Serie A è ogni anno più debole, anche se nessuno lo vuole dire. Non ci sono più i mecenati di una volta, mentre servirebbe un consorzio di proprietari per coinvolgere più sponsor e trovare più risorse. C’è bisogno di un lavoro da marciapiede … e qualcuno lo deve fare.”

Grazie davvero della splendida disponibilità, coach.


Stampato il 11-24-2024 05:21:59 su www.roseto.com