New York – 10 settembre 2010 ore 1:00 ET – Prima puntata.
E’ da un po’ di tempo, anche se non proprio frequentemente, che con il caro Luca ci scambiamo interventi reciproci a riguardo di argomenti più o meno “cestistici”, parliamo di post soprattutto su qualche social media, di cui ormai nessuno può farne a meno o quasi (a costo di esser tagliato fuori dal mondo) e premetto che solitamente non sono abituato a scrivere soprattutto di ciò che riguarda la mia vita professionale, sportiva o privata ed a condividerla con qualcuno che non sia della mia “sfera”. Ma colgo l’occasione e ho l’onore adesso di scrivere qualche riga, con la speranza che riuscendo a dargli continuità, possa diventare un compagno di viaggio speciale per voi lettori, un compagno di viaggio appunto “oltreoceano”…
Questo nome rievoca lo spazio dedicato al mondo della pallacanestro americana che si chiamava esattamente “Oltreoceano” nelle trasmissioni televisive ideate e condotte proprio dal nostro Luca Maggitti, dal carissimo Giorgio Pomponi e dall’ottimo Lorenzo Settepanella, che io ho apprezzato soprattutto quando e’ stata curata dal bravo Federico Ioannoni.
Con queste righe quindi spero di poter continuare la tradizione ma questa volta sul mezzo internettiano, utilizzando se possibile un metodo tutto mio di raccontare le cose, spero con un pizzico di novita’, e soprattutto con la certezza di poterle raccontare con la visione diretta dalla terra scoperta da Cristoforo Colombo, che e’ proprio il posto da cui vi scrivo e da dove quindi respiro l’atmosfera “dal vivo”…
Non a caso inizio oggi con questa rubrica, infatti era proprio il 10 settembre 2005 quando per la prima volta sono atterrato all’aeroporto JFK di New York con un volo con scalo a Heatrow proveniente da Roma.. ero finalmente nella Big Apple come viene comunemente chiamata New York City. Per la verità il mio primo contatto con questa terra ci fu qualche mese prima quando, approfittando di uno scalo di un viaggio ai Caraibi, mi fermai a Miami per assistere ad un incontro dei Miami Heat di Shaq e di D-Wade.
Potrei iniziare a parlarvi di tante cose, dal momento appunto che ho iniziato a toccare con mano cosa significhi veramente questo paese “a stelle e strisce”, e che si sono susseguite nella mia vita ed esperienza personale, ma inizierò con qualche fatto recente per poi andare un po’ a ritroso per poi, successivamente nelle prossime puntate, quando inizieranno le nuove stagioni sportive cercherò di raccontare qualcosa riguardante la stagione da qui a venire.
E’ un momento in cui tutto il baricentro cestistico mondiale è spostato verso la terra magica della Turchia, da dove tra l’altro ci dà un puntuale, divertente e spontaneo racconto il caro amico Luigi Lamonica, pescarese purosangue come il sottoscritto e al quale invio per primo il saluto speciale da queste righe. Luigi l’ho seguito nella partita dei padroni di casa contro la Francia e devo dire fa un certo effetto vederlo da qui su ESPN (parleremo in seguito ancora di ESPN)... come quando arbitrò gli USA nella semifinale olimpica a Pechino: bei momenti e soprattutto un orgoglio per il movimento cestistico abruzzese ed italiano, a tutti i livelli.
Ed è in questo periodo estivo appena passato che qui in America, dopo il training camp del team USA a luglio a Las Vegas e del World Basketball Festival di New York ad agosto (di cui vi parlerò in altra occasione), si parla soprattutto di Melo - al secolo Carmelo Anthony - al suo ultimo anno di contratto con i Denver Nuggets. Lui è il pezzo pregiato del prossimo mercato dei freeagent NBA insieme a Chris Paul dei New Orleans Hornets, ed è stuzzicato da diverse squadre, in primis dai Knicks e dai Bulls. Ma lo stesso Melo è trattenuto dal contratto e dalle prospettive che il nuovo GM dei Nuggets, Masai Ujiri (che tra l’altro ho avuto modo di conoscere per la prima volta nel 2008 in quel di Toronto dove ricopriva il ruolo di responsabile dello scouting internazionale dei Raptors) si trova ad affrontare come pesante responsabilità
Il caro Masai sta tentando di far firmare a Melo una estensione del contratto in quanto altrimenti rischierebbe di perderlo a giugno 2011 a costo zero (o quasi... a meno di una “sign and trade”). Il problema principale è che Melo attualmente è consapevole di trovarsi ad un bivio della sua carriera, con il desiderio di cercare di vincere qualcosa, e magari avvicinarsi ai luoghi di gioventù, essendo nativo di Brooklyn, NY, cresciuto a Baltimore, e college a Syracuse, NY... e soprattutto la moglie è nata e cresciuta a Brooklyn... dall’altra parte c’è che firmando un nuovo contratto da free-agent il prossimo anno, secondo i nuovi regolamenti del CBA (Collective Bargaining Agreement) appena approvati dal board NBA, il suo salario sarebbe sicuramente inferiore di quello che otterrebbe rifirmando per l’attuale squadra.
Altro scenario possibile: Melo inizia la stagione a Denver e poi verrebbe ceduto in una trade prima della deadline di febbraio. In questo caso sarebbe da capire la contropartita. Il peggior scenario, da un punto di vista “italiano”, potrebbe essere che i Knicks, appunto in pole per la trade, sacrifichino Danilo Gallinari, che tra l’altro ha caratteristiche non lontane dall’attuale numero 15 dei Nuggets. Egoisticamente preferirei vedere Danilo ancora qui a New York dove ormai si sta affermando e non è più una sorpresa, ma parleremo di questo durante la stagione...
Tornando a noi, è appena passato il weekend del Labor Day che sarebbe il corrispettivo del “nostro” Primo Maggio come Festa del lavoro (o dei lavoratori se preferite). Per gli americani significa soprattutto la fine dell’estate ed è fissato sempre il primo lunedì di settembre. E’ in questo fine settimana che ho avuto la possibilità di assistere ad una sessione notturna del torneo di tennis degli US OPEN, che per New York è un evento sportivo da rimarcare, oltre anche di happening sociale vista la presenza immancabile di celebrities agli incontri di cartello.
Tra gli incontri della serata, mi sono imbattuto in un maschile che ha visto l’americano John Isner perdere davanti al pubblico di casa, che lo sosteneva vivacemente, contro il russo Youzhny. Il russo nonostante il pubblico avverso per tutta la partita, alla fine dichiara al microfono della postgame interview: “Ringrazio tutto il pubblico perché so che non era contro di me, ma era solo a favore del mio avversario”. E qui il pubblico gli ha tributato un applauso scrosciante e inaspettato... dal manuale di come conquistare un pubblico che hai avuto totalmente contro nelle precedenti 3 ore.
Isner invece, che avrebbe potuto benissimo fare comodo ad una squadra di pallacanestro con i suoi 206 cm circa di altezza, ha chiuso l’incontro con 33 aces dal campo, con una velocità del servizio che ha raggiunto anche i 144 miglia/ora, come segnalato dal misuratore (sponsorizzato) presente sullo stadio Centrale di Flushing Meadows chiamato Arthur Ashe Stadium. Isner è conosciuto per aver giocato quest’anno l’incontro da record a Winbledon contro il francese Mahut, il quale terzo set è terminato con il punteggio di 70-68, in più di 11 ore di gioco e con 113-103 a suo favore per gli aces serviti… bella maratona tennistica mi sembra. Per chiudere con il tennis, non vi sto a dire l’atmosfera che si respira durante il torneo e per me, che ci vado per il terzo anno (non di seguito) è sempre un bello spettacolo anche solo esserci.
Non tutti i nostri lettori sapranno che l’Arthur Ashe Stadium è legato anche ad un evento storico di basket. Infatti lì è stato giocato nel 2008 il primo incontro di regular season di basket professionistico all’aperto tra NY Liberty e Indiana Fever della WNBA, precedendo tra l’altro gli incontri di preseason NBA ad Indian Wells, California che i Phoenix Suns giocano ormai da un paio di stagioni.
Il giorno del Labor Day poi è un giorno a New York conosciuto per la famosa West Indian Parade, che si svolge a Brooklyn, paragonabile ad una parata del Carnevale di Rio, dove tutti i rappresentanti dei paesi caraibici sfilano con carri (trucks) e coloratissimi costumi superimpiumati e dove io per l’ennesima volta ho approfittato per assaggiare qualche specialità gastronomica caraibica.
Chiudo con un pensiero. Domani è 11 settembre… sapete tutti il significato che ha questa data qui a New York, in America ed in generale nel mondo. Non entro nella retorica e nel personale ora, ma mi riferisco solo ad una speranza a riguardo delle notizie che corrono in questi giorni qui a NY, dove c’è stata la minaccia da parte di un pastore evangelista di bruciare pubblicamente copie del Corano a titolo dimostrativo. Questo segue la pesante scia di polemiche dopo la ventilata proposta da parte della comunità musulmana di costruire una moschea a Ground Zero. Si rischia di alimentare un fuoco molto pericoloso per il mondo occidentale ed il rischio maggiore, più che in terra americana, potrebbe essere una ritorsione contro i soldati americani e alleati che sono prigionieri nelle terre di guerra in Medio Oriente. Spero con tutto il cuore che il buon senso prevalga in questa vicenda.
Chiudo questa prima puntata di “Oltreoceano” approfittando di queste righe per fare gli auguri a mia sorella Barbara e mio cognato Marco per il loro primo anniversario di matrimonio.
Un saluto ai naviganti “oltreoceano” di ROSETO.com e, come si dice, “stay tuned”…