Basket e Questioni
IL TESORETTO DEL TFR DEI GIOCATORI STRANIERI

Michele Martinelli prende spunto da una frase di Claudio Sabatini e rilancia una questione da lui posta già anni fa, che interessa la GIBA.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 26 Dicembre 2010 - Ore 02:00
In coda alla sconfitta di domenica scorsa subita in casa dalla Virtus Bologna contro l\'AJ Milano, ho sentito le dichiarazioni apparentemente criptiche che Sabatini ha voluto indirizzare a Cassì, presidente della Giba.
 
L\'occasione era stata fornita da comportamenti, a dire di Sabatini, scorretti da parte di Mordente, membro, fra le altre cose, del direttivo Giba. Uso la formula dubitativa circa i comportamenti perché non ho avuto modo di  vederli, avendo seguito la partita in TV.

E a questo proposito faccio un inciso: quanto è più divertente il basket da spettatore piuttosto che da attore!

Ma torniamo al messaggio, direi quasi al "pizzino", se non fosse stato esplicitato in forma orale piuttosto che scritta, come i pizzini prescrivono.

La Giba, presieduta quasi da sempre da un avvocato ed ex giocatore siciliano,
l\'avvocato Cassì è un curioso organismo, un sindacato di categoria (e fin qui nulla di male) che ha caratteristiche assolutamente uniche nel panorama mondiale. La prima è che  è riuscita a far passare un concetto che neanche in Bulgaria negli anni sessanta si riusciva a sperare: l\'iscrizione al sindacato è obbligatoria ed automatica per ogni tesserato professionista!

Le quote di iscrizione vanno versate all\'atto del tesseramento, pena la non validità dello stesso. Ma l\'abilità non si ferma qui! C\'è un altro e curioso elemento che caratterizza per la sua assoluta atipicità: le quote di TFR (trattamento fine rapporto, la liquidazione insomma) vanno versate al fondo GIBA anziché venir accantonate dalle società e/o versate direttamente al
professionista stesso.

Ciò determina una grande liquidità del fondo che accantona ed incamera, ad esempio, tutti i TFR dei giocatori stranieri e comunitari che in minima o nessuna parte gli stessi poi esigono dal fondo. Questo perché il giocatore straniero legge il suo contratto (l\'agreement) e vede la cifra esentasse da percepire. Una volta incassata quella non ha notizia né cerca il TFR che non è previsto dall\'accordo originario che regola il suo rapporto con il club.

Questo costituisce probabilmente un indebito arricchimento in quanto non ho notizia di una attività diligente del fondo stesso, finalizzata ad attribuire le somme incassate ai legittimi destinatari.

Fra l\'altro la GIBA, sempre grazie ai preziosi uffici dell\'avvocato Cassì, ha ottenuto che per la ratifica dell\'iscrizione al campionato successivo di una squadra ci voglia il benestare dell\'associazione stessa, che certifichi l\'avvenuto e puntuale adempimento di ogni obbligo derivante dalle norme in vigore.
 
E anche fin qui niente di male, se non fosse che così si è data un\'arma che si presta ad un utilizzo vessatorio da parte dell\'associazione. Perché affermo questo? E\' presto detto: esperienza personale!

E\' capitato moltissime volte che un giocatore per il quale era stato chiesto ed ottenuto il tesseramento sia poi partito senza più dare notizia di sé.  A Roseto, un paio di giocatori dei quali – ahi, l\'età! – non ricordo il nome, giocarono una partita uno il primo anno di A2 e nessuna l\'altro, scomparendo.

Il primo, un americano (Clifton Clark, n.d.r.), riuscì a farsi pagare (non capisco come) dalla banca un assegno della società, che rappresentava un terzo dell\'ingaggio, firmato a nome proprio da un dirigente che non aveva la firma depositata alla Tercas! (che se oggi provate ad incassare un circolare emesso e nome vostro vedete che trafila ci vuole). L\'altro, uno slavo con il cognome che iniziava per L, ma non lo ricordo, partì dicendo che andava a ritirare oggetti personali e poi non si fece vedere più.

Bene, in tutti e due questi casi la GIBA pretese ed ottenne che pagassimo per
intero sia il TFR, poiché non eravamo in grado (e come avremmo potuto?) di depositare la risoluzione consensuale dello stesso. Ovviamente nessuno dei due, come quasi tutti gli stranieri, mai  richiese quelle somme a loro favore versate all\'associazione che così, utilizzando la leva inibitoria dell’iscrizione al campionato successivo, ottenne un illecito arricchimento.
 
Sabatini, con un linguaggio trasversale – e a sei sette anni di distanza da quando posi in Lega il problema sul tavolo in maniera palese – ha voluto mandare un "pizzino" a Cassì, aggiungendo (più o meno): "E chi deve capire, capisca... vero avvocato Cassì?".

I problemi ci sono e vanno affrontati. Non sono mai stato d\'accordo nel tenerli, per quieto vivere, sotto il tappeto fin quando qualcuno non ci tocca un nervo scoperto.
 
Forse è anche per questo che la mia carriera nel basket è durata, per mia fortuna, poco!
 






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