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Francesco Ponticiello – ‘Ciccio e franco’
SILVER 2013/2014: UNDER, E NON SOLO...
Coach Francesco Ponticiello.
[Luca Maggitti]


Coach Ciccio Ponticiello ci prende per mano, conducendoci nell’analisi dello scorso campionato di DNA Silver.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 07 Luglio 2014 - Ore 09:00

Era da qualche stagione che, dopo la fine del campionato, quello che una volta si chiamava B1, poi A Dilettanti, poi Divisione Nazionale A, non lasciavo in rete una mia analisi relativa all'utilizzo degli under. A fine anni zero, quando non era utopia l'accesso ai playoff di squadre con 5 o 6 under nei 10, mi riferisco in particolare a compagini come il “mio” Sant'Antimo o la Virtus Siena, era diventato quasi un obbligo preparare una disanima statistica e tecnica di quanto mostrato in regular season dagli under 23.
 
In seguito, allorquando l'obbligo per tutti di schierare under a referto aveva appiattito la situazione, costretto anche coloro che erano privi della seppur minima attitudine a mettere in campo i giovani, avevo perso questa piacevole abitudine. La normativa sugli under, così come congegnata dal 2008 al 2013, nella sua evidente forma “coercitiva”, aveva ai miei occhi reso inutile ogni lavoro di analisi. Tutti avevano recepito come, al fine di intendere l'effettiva redditività dei singoli under, fosse indispensabile uscire dalle facili semplificazioni. Come e quanto potesse essere limitativo analizzare solo la valutazione generale o la media punti, ed invece ben più utili lo studio delle singole voci disaggregate, ovvero percentuali di tiro, rimbalzi, assist, palle perse e recuperate, persino i falli personali. Superfluo quindi, in quegli anni, l'analisi di cose di cui tutti avevano già piena consapevolezza.
 
Ma, con l'avvio di una seconda lega divisa in Gold e Silver, può essere ora utile un'approfondita disanima. Gold & Silver rappresentano un qualcosa di nuovo, diverso, e non solo per la presenza di due stranieri per squadra, dalle vecchie Legadue e DNA. Conseguente la voglia di decifrare l'innovativo, diverso significato acquisito ora dagli under.
 
IL PREMIO UNDER
E' il passaggio dal regime dell'obbligo, a quello del concorrere per il cosiddetto “premio under”, l'elemento cruciale. Cosa ciò abbia significato, nell'ambito della regular season della stagione 2013/2014, è il punto da cui la nostra analisi prende avvio. Non proporremo uno studio tradizionale, “singolo per singolo”, redatta per ogni voce statistica ed ognuno dei giocatori. Sarà piuttosto una disanima complessiva, di squadra, in cui, la scelta di alcuni di concorrere ad un considerevole premio in denaro (dai 90mila incassati dalla prima, ai 20mila della quinta), doveva essere necessariamente bilanciata da un buon rendimento agonistico. Un' eventuale retrocessione escludeva infatti dalla possibilità di concorrere al premio.
 
LA CLASSIFICA
E' interessante in tal senso notare come nessuna della prime tre in classifica nel premio under della Silver, in rigoroso ordine di piazzamento, Viola Reggio Calabria, Basket Recanati e Basket Nord Barese, abbia raggiunto i playoff. Post season a cui hanno invece avuto accesso la quarta e la quinta, ovvero Ferrara e Treviglio. Curioso come la prima, Reggio Calabria, la squadra che ho allenato, riesca a essere tale, malgrado che il ritiro di Lucca, determinatosi proprio alla vigilia della ventiquattresima giornata, ultima utile per l'attribuzione dei minuti, abbia fatto in modo che il suo conteggio, a differenza delle altre che lo hanno potuto calcolare su tutte le 24 gare, fosse limitato a solo 23 partite. Un handicap che però, in virtù del notevole scarto sulla seconda, non gli ha negato il primato. Ma è significativo come l'assenza dai playoff delle prime tre per utilizzo degli under appaia, ribadisco appaia ma non si è sicuri che lo sia davvero, un ritorno all'antico. Sembra riproporre il vecchio assioma “conservatore” per cui, “maggiore è l'impiego dei giovani, minore i risultati”. Una morale che riafferma quanto i significativi esempi dello scorso decennio e quello più recente di Matera nella stagione 2010/2011, a dispetto del massiccio impiego di under comunque settima, avevano invece smentito. Come se ciò che nel recente passato era stato ridotto al livello di puro e semplice luogo comune, ritornasse ad essere ora un' assoluta verità. Credo però che questa interpretazione, invero piuttosto triste, possa essere considerata non del tutto veritiera, che la situazione si possa spiegare anche diversamente.
 
PRIMA IPOTESI
Per ciò che mi riguarda, piuttosto che indurmi a sentenziare il ritorno “all'antico”, ad un meccanico rapporto di relazione inversa tra utilizzo degli under e risultati, la cosa spinge a riflettere su altri livelli logici. Innanzitutto che questa sia stata la prima stagione di uscita dall'obbligo di utilizzo degli under. Così come molti giocatori nati dall'87 al 90 hanno faticato in questi anni, una volta divenuti “non più under”, a trovare squadra, così credo che la mentalità di tutti ne sia stata condizionata. Nel mentre si transitava per più di un lustro in una situazione di obbligo, in cui tutti, anche chi aveva velleità di alta classifica, erano costretti ad investire sugli under, è montata una insofferenza tale che, una volta terminato l'obbligo, abbia continuato a puntare sugli under solo chi aveva attenzione primaria al controllo del budget. Detto in altri termini, gli anni di obbligo degli under, invece che enfatizzare la capacità di società e tecnici di padroneggiare le capacità di scelta ed utilizzo dei giovani, hanno appiattito tutti in una mentalità ristretta, in cui si scelgono i giovani “solo” quando costretti. Un qualcosa che confligge in modo evidente con gli eccellenti risultati delle nazionali giovanili negli ultimi anni: è mai possibile che si ritorni all'antico, ai “giovani non competitivi”, proprio nell'anno delle medaglie d'oro agli europei under 20, dello storico successo nel mundialito under 18 di Mannheim...?
 
SECONDA IPOTESI
E' innegabile come la Silver abbia vissuto nella stagione 2013/2014 una mole di trasformazioni ben superiore a quelli della Gold. Le differenze che intercorrono tra la vecchia DNA e la Silver sono sicuramente superiori a quelle in essere tra ciò che era la Legadue ed ora è la Gold. Se quest'ultima ha visto prodursi novità, soprattutto d'ordine gestionale, frutto del passaggio dallo status giuridico professionistico a quello dilettante, la Silver ha dovuto convivere con importanti variazioni tecniche. In particolare l'approdo di due giocatori stranieri, in larga parte giovani, rookie appena usciti dal college basketball, oppure reduci da leghe minori europee. Tutti o quasi tutti dal limitato impatto economico, ma anche senza alcuna conoscenza del basket tricolore. Ciò credo abbia fortemente destabilizzato gli equilibri preesistenti. Il mutato contesto ha sicuramente segnato, da un punto di vista strettamente tecnico, il transito dalla DNA all'attuale scenario della Silver. Ed allora, se è intuitivo che il segreto per le compagini giovani sia sempre stato quello di costruirsi, sia sotto il profilo tecnico/tattico che emotivo, equilibri immediati e solidi, è conseguente che muoversi all'interno di una stagione, invece attraversata da molteplici fattori destabilizzanti, non abbia agevolato il compito di chi, proprio sui giovani, e relativa necessità di equilibrio, investiva. La seconda ipotesi è insomma che non fosse la gioventù, “gli under non all'altezza”, la motivazione della poca competitività dei programmi tecnici incentrati sui nati nel 92 e seguenti, quanto la difficoltà a tenere sotto controllo dinamiche nuove ed imprevedibili. Decisiva la problematicità nel tenere in equilibrio dei contesti tecnici, attraversati da frizioni difficilmente gestibili.
 
APPROFONDIRE L’ANALISI
Nell'impossibilità di stabilire con certezza se sia prevalente l'una o l'altra delle due ipotesi illustrate, entrambe portatrici di innegabili elementi di veridicità, oppure decisiva l'immutabile idea che “con i giovani non si vince”, credo sia importante non limitarsi ad una, seppur doverosa, sospensione del giudizio. Indispensabile invece restare con lo sguardo attento. Persistere in uno stato d'animo di massima apertura, disponibili alla verifica delle ulteriori correzioni di mira che si renderanno necessari nelle stagioni future. Nell'ambito di questo studio, continuare ad approfondire l'analisi, soprattutto andando a spulciare le diverse modalità in cui l'utilizzo degli under si sia manifestato.
 
DISTRIBUZIONE
Estremamente interessante constatare come, ai fini dell'attribuzione del premio under, non abbia fatto la differenza il massiccio utilizzo di un singolo giocatore, quanto l'investimento tecnico su una struttura di squadra, in cui fosse centrale la rotazione di almeno tre under affidabili. Significato infatti che, anche compagini che abbiano disposto di un under da oltre 500' di gioco, in assenza del contributo adeguato di altri, abbiano sfiorato il piazzamento utile, ma non lo abbiano centrato. Mi riferisco a Casalpusterlengo, che ha concesso 549', quasi 25' di media ed il ruolo di playmaker titolare al 95 Vencato, Mantova, con un utilizzo per 598', 20' a partita, per il 92 Mirza Alibegovic, di Ravenna, con i 564', media di oltre 18' a gara, per il 94 Matteo Tambone, per arrivare infine agli 855' di gioco, quasi 30' ad allacciata di gioco, che Agrigento, dominatrice del torneo, ha lasciato al 92 Fabio Mian, in assoluto l'under più utilizzato in regular season. Questo dimostra quanto fosse difficile entrare nelle prime 5 piazze, disponendo “solo” di un singolo catalizzatore di minuti. L'analisi della distribuzione dei minuti all'interno delle squadre presenti nella griglia delle 5 vincitrici ribadisce il concetto. Significativo ad esempio che Recanati, Basket Nord Barese, Ferrara e Treviglio, tutte le squadre classificatesi dalla 2° alla 5° piazza, disponessero, oltre ad un giocatore oltre la soglia dei 500', altri due oltre i 200' di gioco. Infatti, partendo dalla quinta, Treviglio, i lombardi hanno affiancato ai 641', del 93 Carnovali (21',4”), i 256' dell'altro 93 Gaspardo (19',7”) ed i 207' del 96 Flaccadori (7.9”). Ferrara ha invece schierato per 792' il 92 Gabriele Spizzichini (26',4”), ed in aggiunta a questi, sempre oltre i 200' di gioco, i 357', del 93 Bottioni (11'.9”), ed i 276' del 94 Pipitone (9',5”). Passando al Basket Nord Barese, al 93 Merletto, 747' di gioco (25',8”), si sono aggiunti i 379' del 94 De Angelis (14', 04”), ed i 209' dell'altro 94 Turel (16',1”). Infine Recanati ha disposto degli 830' di gioco del 93 Fantinelli (29',6”, media superiore, ma due partite in meno, rispetto a Mian), ed in aggiunta a questi, i 332' di Tortù (11',9”), ed i 265' di Pullazi (9',1”), entrambi 93. Particolare la distribuzione della vincitrice del premio under, la Viola Reggio Calabria. In questo caso sono ben 3 gli under al di sopra dei 400' di gioco, aspetto questo che rafforza l'idea che sia stato “il progetto”, e non la semplice disponibilità di un under ad altissimo minutaggio, a legittimare il primato, la struttura di squadra a garantire il perseguimento dell'obiettivo. Infatti, la Viola ha disposto dei 684' del 92 Sabbatino (24',4”), dei 430' del 93 Spera (14',8”), e dei 403' in sole 16 partite dell'altro 93 Monaldi (25',2”). Una distribuzione che ha attinto minuti anche dagli altri under, in particolare i 144' di Azzaro (9',0”), anche lui 93, una rotazione che ha consentito, in virtù di una media di oltre 56' di media di utilizzo degli under, anche di passare indenne dalla tegola di dover competere con un match in meno rispetto agli altri.
 
RUOLI
Ulteriore, utile elemento di riflessione può derivare dalla classificazione per ruoli tecnici dei giocatori citati, quelli decisivi per il conseguimento del premio under o per andarci semplicemente vicino. È evidente come in ben dieci casi, quelli di Sabbatino, Monaldi, Fantinelli, Merletto, Spizzichini, Bottioni, Carnovali, Flaccadori, Vencato e Tammone, ricoprano gli spot di #1 e #2. In quattro casi, Turel, De Angelis, Mian ed Alibegovic sono dei #2/3. Giocano invece nei due ruoli di ala altri quattro under citati, ovvero Spera, Azzaro, Tortù e Gaspardo. Unici pivot analizzati, Pullazi e Pipitone. Il tutto a conferma della tradizionale tendenza del basket tricolore di offrire un numero ampio di piccoli ed invece pochi prospetti interni. In aggiunta si può evidenziare come le prime tre del premio under avessero tutte optato per un playmaker under. Anzi la Viola, da dicembre in poi, unico caso in Silver, ha scelto di avere una regia integralmente under, l'accoppiata Monaldi/Sabbatino, peraltro supportata da una combo-guard come Sorrentino.
 
QUELLI DEL ‘91
Non deve apparire bizzarra la scelta di chiudere l'analisi con un riferimento ai 91, i famosi “non più under” di cui si diceva in avvio. Sottolineare il ruolo svolto all'interno delle loro squadre da giocatori come Augustin Fabi della Viola, Antonio Iannuzzi di Matera o Alessandro Amici di Ferrara, tutti decisivi per le sorti delle loro squadre, rappresenta dal punto di vista di chi scrive una sorta di prova del 9 dell'effettiva uscita dal regime dell'obbligo degli under. Laddove in passato, spesso, ci si è dovuti arrendere all'idea che non essere più under coincidesse con un secco ridimensionamento, discese di categoria o addirittura disoccupazione, la stagione che si avvia alla chiusura presenta dinamiche, obiettivamente diverse. Dietro l'eccellente stagione di questi giocatori, credo ci possa essere l'avviso di una radicale trasformazione del modo di intendere il ruolo stesso dei giovani. Qualcosa che tra 12 mesi, con la paventata trasformazione di Gold e Silver in un unico contenitore tecnico, la fine del transito di giocatori tra due livelli che diverranno uno, potrebbe ulteriormente esplicitarsi. Non cambierà solo la figura del giocatore al primo o al secondo anno da senior, potrebbe prodursi una trasformazione nel modo stesso di intendere il significato dello stipulare un contratto con gli under. Non più all'insegna dell'usa & getta, finalizzato al solo scopo di garantirsi i minuti utili per concorrere al premio under, piuttosto portatore di un valore prospettico, proiettato alla costruzione di un zoccolo duro di squadra. Decisivo dal mio punto di vista, e non è un discorso “di categoria”, il ruolo degli allenatori. Perché, come scriveva David Foster Fallace: “C'è evidentemente una differenza tra essere in grado di usare correttamente una formula e sapere davvero come risolvere un problema”.
 
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