Prima Paolo Moretti. Adesso Mario Boni. In mezzo, il basket di Serie A a Roseto.
E il sottile filo rosso di seta, annodato alla gola, solo per qualche giorno non ha la stessa identica data, di nascita (30 Giugno) per Paolo e per Mario, di morte (sportiva) per Roseto.
Mario Boni è in assoluto l’uomo di sport più vero che io abbia mai avuto il piacere di conoscere, probabilmente l’unico non banale, anche a costo del suo indice di gradimento nelle stanze dei bottoni.
Non si spiegano altrimenti gli accanimenti brutali di stampa e opinione pubblica nelle circostanze in cui è finito (suo malgrado) nella polvere, e nemmeno quella sola, unica, orfana presenza in Nazionale.
Lui, Super Mario, quello finito fuori squadra a Roseto nel 2001/2002 per aver “salvato il culo”, da capitano vero, agli “americani” (che lo avevano male informato) dopo una brutale (quella si) sconfitta casalinga, e paradossalmente (o causalmente?) non considerato uomo squadra dalla Nazionale.
Pensi a Mario Boni e d’istinto pensi al miglior palleggio-arresto-tiro della storia del basket europeo, sicuramente quello più efficace. Poi ci pensi e aggiungi quei 7-8 rimbalzi che portava giù dai tabelloni di voglia. Poi ci pensi ancora un po’ e iconizzo quello che sto scrivendo per vedere la sua foto emblema con i pugni alzati e il volto trasfigurato dal suo inconfondibile urlo di vittoria.
“Al mio via scatenate l’inferno”! Questo era il basket per Mario Boni, fosse la partita più importante della stagione o quella dell’allenamento del giovedì.
E i cori dei tifosi avversari (altro che insulti razziali…) stavano lì, e lì resteranno a testimoniare la rabbia di chi non riusciva a spiegarsi come quell’uomo non conosceva la parola ritirata. Non indietreggiava mai!
Sempre coerente, sempre vincente. Perché anche quando perdeva Mario Boni voleva su di se la responsabilità della sconfitta: “Non mi piacciono quelli che giocano per il proprio tabellino. Io sono un tiratore e devo tirare, anche quando non la metto mai. E voglio sempre l’ultimo tiro”.
Il nostro è un mondo che dimentica in fretta e, in tal senso, Roseto non ha fatto eccezione, al punto che oggi quasi ci si vergogna, o si finge di ignorare, un passato di Serie A, di Play Off, di Final Eight e di Coppe Europee.
Il basket è cambiato, al punto che spesso mi spingo a pensare che quintetti con Gilmore, Attruia, Boni, Guarasci, Lockhart o Abdul-Rauf, Woodward, Nikagbatse, Sesay, Arigbabu oggi giocherebbero la finale scudetto, e non da vittime sacrificali.
Mario Boni insegnava che niente era impossibile, apparteneva ad un basket romantico, di lacrime e sangue, di tecnica e agonismo. Di uomini prima che di giocatori.
Io dico che il basket di Serie A1 non è stato più lo stesso dopo la scelta di Mario di andare a ritrovare certe emozioni nelle minors. Oggi, 3 luglio, che ho letto che Mario Boni dice basta, io dico che il basket non sarà più lo stesso.
Sono stato un privilegiato, io, perché ho visto Mario Boni. E l’ho conosciuto. Grazie per avermi concesso il sogno di vivere un periodo unico.
Grazie Super Mario.
Giorgio Pomponi
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Mario Boni si ritira. La sua lettera, gli altrui pensieri.
Martedì 3 luglio 2012
MARIO BONI SI RITIRA: LA SUA LETTERA.
Solo una settimana fa prometteva di arrivare in campo ai 50 anni, oggi ha cambiato idea. Altrimenti, che SuperMario sarebbe?