Sono andato a vedere Marione nella sua penultima partita, garadue di finale di promozione di serie C, a Budrio, in provincia di Bologna, a due passi da casa mia. Una sconfitta, al termine della quale mi sembrava infuriatissimo con compagni ed allenatore. Nella mia testa non c’erano dubbi che continuasse almeno un altro anno. Anche perché, raddoppiato per tutta la partita, quando riusciva a farsi servire, con 1-2 palleggi tirava indisturbato.
Molti anni fa, invece, andai a vedere Marione a molti chilometri da casa, per la precisione a Salonicco. Alcuni flash sono rimasti scolpiti nella mia mente. Partiamo dal meno significativo. A quei tempi i social network erano ancora lontani dall’esser inventati, ma la buca della posta di casa sua era già una bacheca: ogni giorno, 2-3 volte al giorno, la vuotava di foglietti, lettere, fotografie, cartoline, messaggi di tifosi in delirio.
Non era un bel periodo, per lui. Coach Subotic l’aveva messo fuori squadra. L’Aris era già una multinazionale di 13-14 giocatori, e Supermario non rientrava nei 10. Rimasi ospite a casa sua per una settimana, senza riuscire a vederlo in azione. Gli allenamenti, d’altra parte, erano blindati. Il giorno di Aris-Besiktas di Coppa Korac, una guerra con incredibile implicazioni politiche tra Grecia e Turchia, Marione andò a fare l’allenamento pregara. Tornò a casa verso le 3 del pomeriggio lanciando con violenza la borsa per terra. Non era stato convocato: non aveva trovato la sua maglia sulla panca dello spogliatoio, questo era il “metodo” di comunicazione. Aveva il sangue agli occhi ed una rabbia che faceva spavento. Non ricordo come riuscii a placarlo, forse semplicemente lo lasciai al suo sfogo anche di pianto, prima di andare a mangiare a Pizza Hat.
Andammo alla partita, come sempre ripulendo la buca della posta dai messaggi. Sentii tremare il pavimento del palazzetto come mai in vita mia. 8mila persone che tifavano e fumavano tutti. Io ero in tribuna d’onore, tra Mike Nahar (un altro non convocato) e Marione. Ma non mi sentivo al sicuro. A un certo punto scattò una rissa in campo. Una roba selvaggia. Quelli dell’Aris sembravano prenderle. In un lampo Marione scattò verso il campo, che era abbastanza distante. Sfuggì (ovviamente) al mio controllo. Ma sfuggì anche a molti altri. Voleva entrare in campo a difendere i suoi compagni. Inerme, girandomi, vidi Mike Nahar comodamente seduto al suo posto a gambe incrociate. Nahar al cinema a pensare al suo conto corrente, Marione a bordo campo, trattenuto non so da quante persone. Una furia.
Queste sono le immagini che ricordo di Marione. Con quello spirito, per la cronaca, rientrò nei 10 nel giro di poche settimane. Diventò il numero uno della squadra. Nell’incrocio di Coppa con la Benetton risultò immarcabile per Riccardo Pittis, ai tempi uno dei migliori difensori d’Europa, in una memorabile partita al Palaverde. Vinsero la Korac con Marione tra i primi realizzatori e, grazie ad esperienza, spirito ed alle sporcizie difensive di tutta la squadra, anche tra i migliori difensori forse per la prima volta in vita sua. Recentemente ho visto foto e filmati di un suo ritorno a Salonicco, osannato dalla folla. Vorrei chiedergli la pozione e darla ai giovani d’oggi.
Marco Valenza
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