Guido Federico Di Francesco.
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L’arbitro abruzzese di Serie A, Guido Federico Di Francesco, ci racconta una storia emblematica, accaduta durante la quarantena.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 02 Maggio 2020 - Ore 17:45
Immagini delle nostre città deserte trasmesse da giorni.
Le persone, quelle brave, sono in casa ed escono il minimo indispensabile. Tante altre lavorano assiduamente per noi che siamo rinchiusi, impauriti ed annoiati e abbiamo lo sguardo fisso su smartphone, tablet, pc e tv, cercando un senso di rassicurazione ripetendoci: ce la faremo, siamo uniti, ne usciremo, prima o poi finirà.
Tanti si sono ritrovati a lavorare in smart working, fare lezione in collegamento digitale e, perchè no, per chi non era abituato anche a familiarizzare di più con la tecnologia e a rendersi addirittura attivi sui social.
I nonni fanno le videochiamate.
Vero, questa situazione sta cambiando le persone. I social sono il nostro “luogo di aggregazione”, l'unico strumento di connessione che ci permette di essere vicini gli uni con gli altri.
Il Covid-19 ha fatto sì che nel mondo del web si riversassero valanghe di “fake news” e bufale che purtroppo generano panico e paura nel lettore; per non parlare dei “leoni da tastiera” sempre pronti a commentare su cosa dovrebbero fare medici, politici ed altri utenti.
Mettendoci in un certo senso gli uni contro gli altri anziché insieme, il Covid-19 ci ha costretti anche a dire stop a quella vita di tutti i giorni che adesso ci appare così tanto meravigliosa, nella sua semplicità.
Ecco: abbiamo compreso l’eccezionalità di quella che ritenevamo ovvia normalità. Meglio: probabilmente, quando ci capiterà di essere felici ci faremo più caso.
Basti pensare alla spesa che oramai è diventata un rito quasi emozionante. È quasi piacevole stare in fila. Ci ha costretti a dire stop alle corse al parco, agli allenamenti, alle gare sportive alimentando anche rabbia e attacchi ai runner che hanno continuato a svolgere attività fisica.
E poi gli attacchi agli sportivi, preoccupati sulla ripartenza possibile o no dei campionati, gli attacchi agli sportivi, quelli di tutte le domeniche, meglio ancora se arbitri.
Questo “stop” imposto ha fatto sì che le persone abbiano avuto modo di fermarsi, di mettere la propria vita in stand by, di recuperare se stessi.
Ma se c’è una cosa di vitale importanza che questa pandemia ha portato è il fatto che ha messo tutti sullo stesso piano, ha condotto chiunque allo stesso livello.
Se, da una parte, l’utilizzo dei social in modo negativo ha spinto ad accusare e raccogliere informazioni che spesso ci spaventano, dall’altra c’è chi, avvicinandosi ad essi, è riuscito a incontrare o rincontrare persone che altrimenti non avrebbe più sentito, a far riconciliare persone che si erano dimenticate o addirittura perse, a comunicare, a provare emozioni e a dire magari quelle cose che, senza uno schermo davanti e senza una situazione così complessa che ci rende così uguali, non avrebbe fatto.
In questi giorni stiamo facendo cose che non facevamo più: cerchiamo immagini, vecchie foto, istantanee, video, richiamiamo alla memoria ricordi. Questo accade nella vita privata, nella vita lavorativa e anche nel tanto criticato sport.
Così come è capitato a un Signor Tifoso di basket che, dopo 10 anni, ha rintracciato su Facebook l’arbitro di una partita (il sottoscritto), per rappresentargli quanto potete leggere. È accaduto il 25 aprile 2020 (come dire: una liberazione!).
«Guido, buon pomeriggio. Grazie per l'amicizia. Non ci avrei mai creduto!!!! Avrei voluto, dopo tanto tempo chiederti scusa. Un bel po di anni fa arbitrasti Prima Veroli /Sassari, finale di A2. In una delle partite di finale, ci "crepasti" un po!!!!! Una delle serate successive, eri all'istant replay, ed io da dietro in tribuna che te ne dicevo di tutti i colori. Fu un siparietto :ad un certo punto, dopo l'ennesima provocazione che ti feci, ti girasti, verso di me, come per dirmi :e basta, e basta!!!! . L'espressione fu talmente eloquente, che sia io che tutti gli altri tifosi vicino a me, ci mettemmo a ridere. Vedi che dopo tanti anni, sono riuscito a chiederti scusa??? Sono contento che tu abbia fatto carriera. Un grande in bocca al lupo. Un abbraccio».
Chiedere scusa è un gesto che rafforza e unisce, chiarisce i dubbi, è un rimedio contro l’odio, chiedere scusa è una virtù!
Le sfide per chi fa sport sono all’ordine del giorno, l’allenamento è essenziale e senza non si può intraprendere nessun cammino.
Nello sport si deve sempre avere desiderio di superare le difficoltà che si pongono davanti.
Vivere questa pandemia non vuol dire non avere paura, timore, preoccupazione o rabbia: tutto ciò fa parte dell’essere umano.
La differenza sta nel trasformare quella rabbia in un sorriso e portarlo sempre nel cuore, cosi come ha fatto il nostro tifoso. Sì, perché se nel momento di paura si riescono a guidare e disciplinare i comportamenti verso il giusto, un arcobaleno arriverà.
Abbiamo, quindi, la possibilità di metterci in fila, armati di pazienza e di fede, per uscire da questo periodo.
Di qui l’invito a comportarci tutti come una grande squadra, dove ognuno fa la sua parte, tifosi ed arbitri compresi, per tornare presto a sorridere insieme e dire a questo virus “Basta! e basta!”.
Guido Federico Di Francesco
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