Mercoledì 11 maggio 2022, gli amici del Premio Nazionale Paolo Borsellino sono stati ricevuti a Roma, a Palazzo Giustiniani, dal Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
L’incontro bissa quello con il Presidente della Camera dei Deputati, Roberto Fico, avvenuto a Palazzo Montecitorio, Sala Aldo Moro, martedì 26 novembre 2019.
In entrambe le occasioni ho avuto il privilegio di consegnare alla seconda e terza carica dello Stato una copia del mio libro “Samarcanda”, pubblicato nel 2012 da Carsa Edizioni, stampato dalla Tipolitografia Rosetana e relativo ai primi 20 anni del Premio Nazionale Paolo Borsellino.
Grazie al Premio Nazionale Paolo Borsellino e al suo fondatore, Leo Nodari (che del libro ha scritto la prefazione), per l’onore riservatomi.
Grazie a Mimmo Cusano e Roberto Clementoni, volontario come me del Premio Borsellino fin dal 1992, per le foto che hanno reso possibile il libro.
Per celebrare le due importanti consegne del libro, propongo di seguito la mia introduzione e la prefazione di Leo Nodari. In calce, la recensione al libro del critico letterario Simone Gambacorta.
Luca Maggitti
Introduzione
SAMARCANDA PER NOI
“Non viaggiamo per il commercio, da venti più caldi sono infiammati i nostri cuori. Per la bramosia di conoscere ciò che non dovrebbe essere conosciuto, percorriamo la strada dorata che conduce a Samarcanda”.
James Elroy Flecker (The Golden Journey to Samarkand, 1913)
Con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così, dal 1990 facciamo cultura in provincia. E – per continuare a giocare con Paolo Conte – ben sicuri mai non siamo che quello che facciamo non c’inghiotte e non torniamo più. Dall’Abruzzo a Samarcanda la strada è lunga, soprattutto se non si tratta della città dell’Uzbekistan posta sulla Via della Seta, quanto piuttosto di un luogo dell’anima, che sappiamo irraggiungibile dal primo giorno in cui ci siamo messi in cammino. Eppure camminiamo. Samarcanda è il disco pieno di poesia del 1977 di Roberto Vecchioni. Samarcanda è la trasmissione televisiva di Michele Santoro che dal 1987 al 1992, su Rai 3, contribuì in modo importante al dibattito culturale in un’Italia squassata dalle stragi di mafia, che vide la sua classe politica azzerata da Tangentopoli. Samarcanda è il nome dell’associazione, animata dall’amico Leonardo “Leo” Nodari, che negli anni ha organizzato centinaia di spettacoli e manifestazioni culturali. E siccome, dopo 22 anni di cammino, ho creduto bello e doveroso fermarmi a guardare la strada alle nostre spalle raccogliendo in un libro immagini, riflessioni, interviste – purtroppo una piccola parte del tutto, per stare negli spazi di un volume – il titolo non poteva che essere Samarcanda. Giovanni Lamonica, un amico che gira il mondo in sella a una moto e che ha oltre un milione di chilometri negli occhi e la poesia del viaggio nelle parole, ha scritto di Samarcanda: “Evoca viaggi avventurosi al di là dell’ignoto, una cascata di lettere che apre la porta su immagini fantastiche”. E lui c’è andato davvero. Io sono certo che quando Leo ha iniziato a organizzare incontri culturali aveva voglia di avventurarsi al di là dell’ignoto, conoscere quel che non avrebbe dovuto essere conosciuto, aiutare il proprio territorio mediante un atto d’amore profondissimo come quello della promozione culturale. Io dal 1990 lo aiuto, quando e come posso, perché non c’è cosa più bella di lavorare gratuitamente per la propria terra, lasciandola meglio di come l’abbiamo trovata. Nelle pagine di questo volume c’è un pezzo del viaggio (senza fine) verso Samarcanda iniziato 22 anni fa, insieme a Leo e a tanti altri amici. Questo libro è un omaggio a tutti i compagni di viaggio e un invito a chi non abbiamo ancora incontrato.
Luca Maggitti
Prefazione
COME TUTTO EBBE INIZIO
Nel lungo viaggio della mia vita bellissima, senza soste, senza mai sufficiente respiro, senza tramonti, piena di immagini, dubbi, certezze, volti, musiche, addii, sguardi e ricordi, ci sono alcune scene che, come in un film che dal 1992 rivedo ogni anno, rimangono immobili e incancellabili.
Scene che hanno cambiato la mia vita. Non ricordo gli oltre 500 incontri, dibattiti, momenti di testimonianza con gli oltre 1.000 amici che sono passati a trovarci in questi oltre 20 anni. Non posso ricordare quante mani ho stretto, quanti volti ho visto, quante volte ho detto grazie, quante volte mi sono commosso. Perché questo mio impegno di giustizia, che poi è stato di tanti e tanti amici, si è incrociato con il mio lavoro che ha avuto tratti frenetici.
Ma mi ricordo come tutto ebbe inizio.
A trent’anni ero il giovane presidente nazionale di una associazione cattolica. Avevo già viaggiato molto nelle missioni. Avevo già visto le donne morire di sete nel Sahel seguendo il progetto della “Caritas”, avevo già visto i lebbrosi in Africa e in Amazzonia con la “Raoul Follereau” e i meninos de rua assistiti dai progetti di “Mani Tese”.
Il 30 dicembre del 1989, nella cittadella della Pro Civitate Christiana di Assisi, ero stato invitato a parlare sul tema “Incontro all’anno nuovo” con il giovane e aitante sindaco della primavera di Palermo, Leoluca Orlando. Tra i teologi tutta teoria e i professoroni “bla bla”, la sua figura spiccava con una forza che mi impressionò.
Mi sembrava un capo indiano, sul piede di guerra, che sfidava la mafia ed i poteri forti invece che le giacche blu. Parole così forti, così chiare, così nette io non le avevo mai sentite. Mi ricordava
Giorgio Almirante, ma era un’altra figura. E quando scese dal palco sentivo già che stavo con lui, dalla sua parte.
Nell’agosto 1990, Orlando mi invitò a Trento per costituire “una rete di presenze che si riconoscono nella tradizione cattolico-democratica”. Il 1 novembre 1990, con Goffredo Tomassi invitai Orlando
alla camera di Commercio di Teramo per costituire questa “rete”, cui aderì a suo modo Peppino Massi.
Il 9 marzo 1991 ero a Roma, mentre Orlando, Diego Novelli e Alfredo Galasso presentavano ufficialmente il nuovo movimento, “La Rete”, di cui divenni segretario regionale per l’Abruzzo, dove intanto erano stati costituiti 46 circoli comunali.
A Roseto c’erano Luca Maggitti, Roberto Clementoni, Marco Rapone e altri. E così, in un intreccio di identità diverse della società civile, il 24 novembre andammo a Firenze per l’assemblea nazionale.
A passi veloci, ecco il 1992.
Esplode “Mani Pulite”, esplode Sarajevo, ci sono le elezioni, esplode Capaci.
Non c’è tempo per respirare. Il 25 giugno 1992 la “Rete” chiama a raccolta nella biblioteca di Palermo per ricordare Falcone. Non mancano le polemiche. Ma ci sono anch’io per cercare di parlare con Orlando.
Dentro un muro umano arriva Paolo Borsellino. Vedo e sento per l’unica volta Paolo Borsellino. Seduto dietro la mole di Antonio Agostino, lo ascolto ma soprattutto lo vedo. Mi basta vedere il suo sguardo. Mi basta per capire che sono con lui, dalla sua parte.
Chiedo a Galasso di potermi avvicinare, ma muoversi è impossibile. Vorrei dire a Paolo una cosa. Vorrei dirgli. Ma muoversi non è possibile. Avvicinarlo impensabile. Ma vorrei dire a quel giudice una cosa. Vorrei dirgli. Penso che ci sarà un’altra occasione per dirgli ciò che avevo nel cuore.
19 luglio 1992, il cuore si ferma.
Il fumo sembra prevalere sul sole in una calda domenica d’estate. C’è un debito da pagare. E non c’è più tempo per respirare.
Sabato 5 dicembre 1992, ore 11. Nella sala della Camera di Commercio di Teramo arrivano Antonino Caponnetto e Rita Borsellino, per ricordare Paolo Borsellino e Giovanni Falcone.
Per la prima volta a Teramo arrivano i metal detector. Ogni persona, ogni borsa è perquisita. C’è un po’ di paura che serpeggia. In prima fila, il Sindaco Pietro D’Ignazio, Alberto Aiardi, Antonio Tancredi, Osvaldo Scrivani erano impietriti.
Il giovane ispettore della Digos Giovanni La Torre mi manda più volte a quel paese con lo sguardo paterno. C’è un po’ di ritardo, ma ecco che da lontano si sentono le sirene di un corteo di auto.
Esco. Usciamo in tanti anche se piove.
Tra gli applausi scende da una Alfetta blu Rita Borsellino, vestita di bianco. Poco dopo, da una Giulietta bianca scende un’esile figura, stanca, alta, con un impermeabile grigio chiaro, che mi saluta e sorride. Saluta tutti. Alza le braccia sotto la pioggia. Abbraccia Rita.
Poche parole.
È Antonino Caponnetto, il magistrato che nel 1983, dopo la bomba che uccise Rocco Chinnici per aver costituito il primo Pool Antimafia, chiese e ottenne il trasferimento da Firenze a Palermo per prendere il posto di Chinnici e guidare l’Ufficio Istruzione della Procura di Palermo.
Accanto a sé chiamò Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta e con loro organizzò il primo vero processo alla mafia, il maxiprocesso di Palermo, che portò a oltre 400 condanne.
Ricordo e ricordiamo tutti il suo volto terreo, mentre esclama: “È finito tutto! È finito tutto!”.
Non è facile rientrare in una sala stracolma di gente seduta, in piedi, in ogni angolo.
Ricordo ancora le parole di Rita. Parla poco di Paolo e ancora si commuove. Poi parla lui, Caponnetto e dice: “Vi racconto di Paolo. Certo Paolo e Giovanni. Ma voi ricordatevi…”. Si ferma
un secondo. Abbassa la testa, è commosso, Una lacrima. Che diventa la lacrima di tutti. Alza il viso e mi guarda, poi guarda i giovani in sala e grida forte: “Promettetemi, promettetemi che non vi scorderete mai di Giovanni e Paolo”.
Come un lampo, le parole che avrei voluto dire a Paolo mi attraversano. Le avevo scritte, le avrei volute leggere a Rita, ma mi sembrarono inutili. E così non le ho mai più dette. A nessuno.
Ma da quel giorno manteniamo una promessa. In fondo, a pensarci bene, come tanti, in tanti modi, quel che abbiamo fatto e che facciamo è soltanto mantenere una promessa.
Leonardo Nodari
Luca Maggitti
SAMARCANDA
Cultura in provincia per un’Italia migliore
Interviste e immagini del Premio Borsellino, del Premio Fava e di altri incontri
Prefazione di Leonardo Nodari
Carsa Edizioni – Ottobre 2012 – Euro 15
ROSETO.com > Archivio 13 dicembre 2012
SAMARCANDA
La recensione di Simone Gambacorta su La Città Quotidiano del 9 novembre 2012.
http://www.roseto.com/scheda_news.php?id=11029