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Politica
EUROPA: DEMOCRAZIA A RISCHIO SE NON TORNA ALLE ORIGINI...


Troppi segnali portano a devianze che minano le basi storiche: vanno rivalutati concetti come la dignità dell’uomo e il sano concetto dell’alternanza. L’articolo di William Di Marco, pubblicato su Koinè.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 29 Luglio 2024 - Ore 20:00

NON SOLO ANTICA GRECIA – Nelle società protostoriche il concetto di democrazia come lo intendiamo oggi non c’era, ma nel tempo si era rafforzato quello di “comune”. I villaggi vivevano con un patto non scritto in cui l’individuo si metteva al servizio della comunità e viceversa. Era un accordo di mutuo soccorso, anche se i compiti risultavano sempre accentrati nelle mani di uno, che fosse re o sciamano. A partire dall’avvento delle prime società mesopotamiche iniziarono a formarsi dei gruppi più allargati di consiglieri, soprattutto tra gli Assiri, ma dovremo aspettare ancora un paio di millenni per approdare a quel concetto di democrazia che oggi conosciamo, sviluppatasi prima nell’isola di Chio nell’Egeo e poi, in modo più compiuto, ad Atene, quando presero corpo due concetti: isogoria (uguale diritto di prendere la parola durante l'assemblea) e isonomia (uguaglianza di fronte alla legge). Certo, non possiamo paragonare quella forma partecipativa a ciò che accade oggi. Diverse erano le discriminati, come il non coinvolgimento alle votazioni delle donne, degli schiavi e degli stranieri. Tuttavia il fatto che nell’agorà, la piazza centrale, molti potessero esprimere il loro parere attraverso l’alzata di mano, è considerato il primo atto di responsabilità del “demos-popolo” alle scelte amministrative. Quel principio venne ripreso, in modo più oligarchico, dall’Antica Roma con il Senato e i comizi curiati. Poi altre forme partecipative si ebbero pure nel VII secolo nel Nord Europa con le antiche popolazioni scandinave e germaniche o con la confederazione irochese (le Cinque-Sei Nazioni), cioè tribù del Nord America del 1600-1700. Tuttavia per passare a un concetto che ci conduce alla moderna democrazia dobbiamo aspettare tre rivoluzioni, quella Gloriosa inglese del 1688, quella americana del 1776 (la più aperta e lungimirante) e infine, la Rivoluzione francese del 1789, molto controversa.

I CONCETTI BASILARI – Nel tempo abbiamo capito che affinché la nozione di democrazia possa trovare campo fertile tra la gente bisogna individuare delle radici comuni da cui fortificare una società aperta. Per il funzionamento democratico di uno Stato occorrono che i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario) siano autonomi e separati e che ci sia l’assoluta libertà di stampa e di parola. Altre ramificazioni concettuali che affondano nella democrazia sono il rispetto delle leggi e la partecipazione dei cittadini alla vita della collettività. Negli ultimi anni sono emersi altri supporti fondamentali che portano la democrazia a rafforzarsi, soprattutto considerando i grandi mutamenti sociali, geopolitici e di globalizzazione umana. Si parte dai punti ribaditi dalla nostra Costituzione nell’art. 3, in cui viene sottolineato che si è “eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”, anche se bisogna andare oltre. Vediamo come.

DIGNITÀ, ALTERNANZA, APPARTENENZA
– Le nuove nozioni su cui sviluppare la democrazia europea, continente da cui tutto è partito, dovrebbero basarsi sull’aggiunta di tre nuovi concetti. Il primo è la dignità umana che supera anche l’elencazione sopra citata e dovrebbe appartenere alla persona in quanto essere unico, pensante, razionale e da cui tutto muove. Ritornare al presupposto di uomo che propone la sua filosofia di vita, significa rimettere al centro il valore del singolo individuo in un contesto sociale. Questo permetterebbe di portare avanti il processo evolutivo che nasce con la trasformazione della storia da circolare a lineare. L’uomo ha portato prevalentemente progresso e sviluppo, con alle volte effetti negativi non voluti. Ma è nella forza del cambiamento, del rinnovamento, della trasformazione sociale e ambientale che l’uomo è arrivato a costruire uno dei mondi migliori, certamente più vivibile rispetto al passato. È nella globalità che l’uomo è un essere che si confronta con la natura, la quale non gli è né amica né nemica. Deve sapersi rapportare con essa, rispettarla, ma anche affrontarla, superarla per convivere, dove è possibile, ad armi pari. Quella dignità umana è il linguaggio universale che dovrebbe rafforzare la nostra democrazia, mentre spesso avviene il contrario. Tale amor proprio viene calpestato nel lavoro, nel concetto di rispetto dell’uomo e della donna, nei rapporti con la laicità. L’Europa, invece, cede spazio a una tolleranza senza senso, perché così agendo molti dei nostri politici credono di rafforzare la democrazia, cosa del tutto falsa. E qui entra il secondo concetto dell’alternanza. Non si può assistere a ciò che è avvenuto di recente nelle elezioni in Francia oppure in Europa o ancora prima nelle consultazioni italiane. L’avversario non può essere demonizzato e in caso di una sua vittoria denunciarne derive fasciste, naziste o totalitarie. Se così fosse, saremmo tutti autorizzati a fermare l’Hitler di turno. La democrazia riconosce l’avversario, che non dovrebbe mai essere il nemico. Tutti sono legittimati a governare, nel rispetto dei principi democratici. Infine il senso di appartenenza. Non basta scrivere le leggi e riportarle in bella mostra nei manuali. Queste non solo vanno rispettate in modo serio e severo, ma saranno ancora più applicate se alla base c’è un senso di appartenenza a una comunità che necessita avere un proprio sentire. Più l’Europa saprà difendere la sua identità, i suoi confini e la sua cultura, meno sarà attaccabile. Abbassare i livelli di attenzione porterebbe all’autodistruzione. E l’Impero romano è lì ad indicarci cosa potrebbe accadere se non sappiamo difendere il principio di reciprocità piuttosto di quello di tolleranza.

William Di Marco
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