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Attualità
HANNO UCCISO L’UOMO RAGNO MA, PER FORTUNA, NON LA SANA GIOVENTÙ...


Dalla serie televisiva di successo, che ha ripercorso la storia del gruppo degli 883, emerge qualcosa che è fuori dagli schemi convenzionali delle ideologie. L’articolo di William Di Marco, pubblicato su Koinè.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 21 Novembre 2024 - Ore 11:45

LA POLITICA NELLA MUSICA – La musica e le varie forme artistiche danno spazio alla creatività umana, che è legata a un periodo ben preciso dell’adolescenza. André Breton, il padre del surrealismo, aveva individuato come la fase più prolifica dell’uomo partisse dai quindici-sedici anni fino ad arrivare ai venti. Se in questo lasso di tempo il giovane riusciva a sviluppare quel senso di genio e inventiva allora avrebbe avuto un grande slancio anche nel futuro, altrimenti molta di quella fantasia, non trovando la giusta realizzazione, sarebbe svanita. È ovvio che si parlava di grandi numeri, tolte le eccezioni che ci sono sempre. Anche la moderna neuroscienza ha stabilito che quei parametri empirici hanno un riscontro di realtà scientifica e che quella fascia di età è molto importante. La musica è stata sempre una prerogativa dei giovani, soprattutto nel corso del XX secolo, quando i nuovi strumenti di diffusione prendono il sopravvento. Le innovazioni sono partite sempre dal basso e se i neri americani riuscirono a creare quel sincretismo tra le ballate e i loro rituali ancestrali che si portavano dietro dall’Africa, con l’ausilio di un battito tribale molto serrato per la nuova cadenza ritmica, la cultura multietnica dell’America ha fatto il resto. Non solo negli Usa, dove si è sviluppato il più grande apporto moderno sullo sviluppo del pentagramma, ma anche nel resto del Centro e Sud del continente, con coloriture di vario genere, dove comunque la scansione, il tempo e il movimento erano le cifre stilistiche di un nuovo approccio musicale. Dagli anni ’50 in poi, con l’avvento del rock & roll tutto cambia e a quel punto la nuova classe sociale adolescenziale, nata negli States appena dopo la Seconda Guerra Mondiale, si prende uno spazio specifico e inizia a guidare i gusti musicali. Poi accade che, soprattutto in Europa, i temi politici iniziano ad entrare con prepotenza nelle ballate che si erano più armonizzate con il pop, e le ideologie iniziano a spopolare. In Italia si raggiunge l’acme negli anni ’70, quando tantissima della musica diventa politica militante, forviando le menti dei teen-ager di allora.

SOTTO LA CAPPA DELL’IDEOLOGIA – L’onda lunga era partita nella decade precedente, quando l’influenza di un certo impegno catalogato allora di “sinistra” inizia a farsi sentire. I grandi autori della letteratura (Calvino, Levi, Moravia, Sciascia, Pasolini) e della pittura (Guttuso) sostenevano il Partito Comunista, anche se in diversi se ne discosteranno. Ma quel pensiero aveva preso in mano le redini della giustizia sociale e così se non ci si schierava da quella parte, era difficile avere la giusta considerazione di giornalisti, intellettuali e di conseguenza, date le varie influenze, del pubblico stesso. Esempio fulgido è Edoardo Vianello, padre di una certa musica estiva che spadroneggiava in quegli anni e che tuttora rappresenta l’estate e il divertimento per antonomasia. I suoi brani scanzonati, perfettamente in linea sociologicamente con l’espressione del boom economico, sono stati sempre considerati sottocultura, poiché l’artista stesso non era schierato. Così incominciarono a essere presi in considerazione solo cantautori di creatività e spessore musicale inferiore, ma che erano funzionali a quell’impegno politico che tanto faceva gola a chi era stato preposto a dettare i tempi. Vale anche per i gruppi degli anni ’70 del rock progressive nostrano. Grandissimi i tre album storici dei New Trolls (Senza orario e senza bandiera, Concerto Grosso, Ut), veri pilastri di quel rock a tratti sinfonico che poi spopolò all’estero. Ebbene, gli appartenenti del gruppo, che andavano in giro con Ferrari, Lamborghini e Maserati, quindi non conformi al cliché del momento fatto d’impegno politico, con evidente pugno chiuso sul palco, non sono mai stati considerati dei veri innovatori a differenza di altre band che della politica indossarono le vesti. Stesso discorso vale anche per le Orme, mai elogiati per i loro effettivi meriti. Più eclatante è stato il caso di Lucio Battisti, il più grande innovatore musicale del pop italiano. I suoi brani, molto poetici grazie alla penna creativa di Mogol, erano contestati come superficiali, perché non parlavano di piazze, di fabbriche e di partiti legati all’impegno, tant’è che l’accusa che accompagnò Battisti per tanti anni è che aveva prodotto un album (Il nostro caro angelo) in cui c’erano dei giovani con le braccia alzate a rappresentare… il saluto romano (roba da rabbrividire).

GLI 883 E LA SOLA VOGLIA DI MUSICA –
La serie televisiva intitolata Hanno ucciso l’uomo ragno – La leggendaria storia degli 883 è stata una vera sorpresa. Non solo perché la narrazione regge e la sceneggiatura appare sempre all’altezza del racconto, ma perché viene mostrato uno spaccato sia della provincia italiana (che è poi quello che vive la stragrande maggioranza dei giovani) sia di quel fare adolescenziale intriso di sogni, prospettive, progetti e soprattutto creatività, che la maggior parte delle volte si arena. Seguire le otto puntate è stato piacevole: gli attori hanno dato l’idea (tranne Cecchetto) di contestualizzare bene il periodo di fine anni ’80 e inizio ’90. Sono sembrati autentici, con i loro interessi principali, vale a dire la scuola, l’amicizia, il fare insieme, le ragazze/i. Tali aspetti delineano la strada dei progetti futuri, molti dei quali rimarranno solo sulla carta. Il regista (Sydney Sibilia) non ha ceduto a richiami ideologici o partitici, in un’Italia di allora che viveva gli anni della corruzione e dei processi di tangentopoli. A quell’età prevale l’estro, l’originalità, la capacità creativa, ingredienti che Max Pezzali e Mauro Repetto hanno messo in mostra, non assumendo il ruolo di geni, ma di umili lavoratori delle note, dei computer e sintonizzatori, con testi diretti, semplici e sincopati. Un bel quadro, dove l’aspetto sociale non è mancato, fatto di volontariato e Croce Rossa, tanto per chiudere il becco al retropensiero antigiovanile e ideologizzato.

William Di Marco
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