L’abbraccio fra Rosaria Di Tecco e Luca Maggitti, la sera del 50° compleanno di Luca, nel 2019.
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In morte della mia terza Mamma, Rosaria Di Tecco.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 26 Dicembre 2024 - Ore 15:45
Arrivando da nord, sulla Strada Statale 16 Adriatica, dopo via Oberdan c’è via Tagliamento. Scerne di Pineto, ma più vicina a Roseto. Una frazione eretica come Cologna, che lo è di Roseto degli Abruzzi ma da sempre guarda a Giulianova.
La seconda casa di via Tagliamento è quella di Zia Rosaria Di Tecco, dove per decenni c’è stata la lavanderia che portava il suo nome. Un profumo di pulito, fra gli sbuffi di vapore dei ferri, che ha permeato tutta la comunità scernarola. Una nuvola fresca, dalla quale usciva il sorriso col neo sopra la bocca di Rosaria, nipote di mio Nonno Giovanni e figlia del di lui fratello Franco, morto in guerra e disperso sul fronte russo nella Seconda Guerra Mondiale.
Un giorno Nonno (classe 1921) mi raccontò che lui e suo fratello Franco (classe 1911) si fecero una promessa: se soltanto uno dei due fosse tornato vivo dagli orrori della guerra (che Nonno odiava, proprio perché l’aveva fatta davvero), avrebbe dovuto prendersi cura di entrambe le famiglie.
Così, quando Nonno tornò mentre suo fratello Franco cadde in Russia (catturato il 20.12.1942 e deceduto 17.03.1943, senza però che i resti mortali siano mai stati rimpatriati perché impossibili da trovare), “incluse” nella sua famiglia, che formò dopo la Seconda Guerra Mondiale sposando Nonna Scolastica (detta Esterina), anche “Zà Amìn” (Annina Palazzese, moglie del compianto Franco) e la piccola Rosaria, nata nel 1938 e che quindi praticamente non aveva potuto conoscere il padre se non da neonata o molto piccola.
Furono anni duri, ma le famiglie andarono avanti. Nonno Giovanni chiamò Liliana la sua prima figlia (mia Mamma) e Franco, in onore del fratello, il suo secondogenito.
Rosaria, per Nonno Giovanni, è sempre stata come una figlia e l’ha cresciuta con lo stesso amore riservato sia ai componenti della propria famiglia sia, anni dopo e sempre insieme alla moglie Esterina, ai nipoti Marilena ed Ennio, che vennero a stare a casa nostra negli anni in cui la loro famiglia era emigrata in Svizzera e non poteva tenere all’estero troppi figli per problemi di lavoro (ne avevano già altri) connessi ai permessi di soggiorno.
Zia Rosaria sposò Giannino Matalucci, meccanico alla draga di Crisanti vicino il fiume Vomano, grande ballerino di balera con la zia e appassionato di velocità. Aveva un motoscafo poderoso con il quale mi portava quando ero molto piccolo e mai mancava, la domenica, sgommando su una delle sue macchine sportive (mi ricordo l’ultima: l’Alfa Romeo GTV) di venirci a visitare portandoci un vassoio di paste e pure – negli anni durissimi – qualche supporto tangibile.
Zia Rosaria ha avuto due figli: Franca e Marcello ma purtroppo ha perso presto, troppo presto, il caro Zio Giannino. “Zà Amìn” ebbe una lunga vita e ricordo la sua dolcezza, in quella famiglia matriarcale – dopo la morte di Zio Giannino – composta da lei che aveva perso il marito in guerra, sua figlia Rosaria e il cane Titti.
Zia Rosaria ha saputo essere un punto fermo di molte famiglie, avendo generato figli e poi avuto nipoti. Eccezionale lavoratrice, nella lavanderia alla quale ho accennato.
Zia Rosaria Di Tecco è la persona alla quale sono sempre stato più legato della mia radice materna – quella dei Di Tecco, detti “Tatòne”, di Col Morino di Pineto. Così come Zio Giovanni Maggitti è quello della radice paterna dei Maggitti, detti “P’lò” di San Giovanni di Roseto.
Purtroppo, lunedì 16 dicembre 2024 ho dato l’ultimo saluto a Zia Rosaria, nella chiesa di Scerne di Pineto posta proprio in fondo a via Tagliamento, dopo le case degli altri parenti come Zio Pino e Zio Carmine, detto Minuccio.
Avevamo pranzato insieme – e con me Mamma Liliana e Papà Dino – l’ultima volta domenica 3 novembre 2024, perché ogni volta che si poteva ci piaceva riunirci la domenica e discorrere, ricordando soprattutto dei tempi in cui era vivo Nonno Giovanni e della sua gioventù e di quella di Mamma Liliana.
L’ultima volta, Zia Rosaria ricordò molte cose del secondo dopoguerra, degli spostamenti da Col Morino a Torre San Rocco, dei sacrifici, del bene fra persone cresciute insieme. E mi parlò, per la prima volta, della morte.
Me ne parlò col sorriso sulle labbra, come fece nel 2010 il Professor Umberto Veronesi, che ero andato a sentire all’Aquila, insieme al Sindaco di cui ero Capo di Gabinetto, Franco Di Bonaventura, per poi proporgli un protocollo di oncologia domiciliare nella nostra Roseto degli Abruzzi che troppa burocrazia e qualche miope dirigente ASL resero impossibile realizzare.
Zia Rosaria e il Professor Veronesi non si conoscevano, ma quel che mi hanno lasciato nel cuore è incredibilmente somigliante. E cioè la consapevolezza che, con l’andare degli anni, si avvicina la fine della vita terrena. E che bisogna accettarla e prepararsi, possibilmente senza dare fastidio a nessuno.
Il Professor Veronesi parlò delle sue radici contadine e del fatto che dalle sue parti fosse normale morire in casa e lì ricevere la gente per un saluto. Era il 2010. Nel 2011, e nel 2015, la mia Famiglia e io facemmo lo stesso: prima per Nonna Scolastica, detta Esterina, Nardi e poi con Nonno Giovanni Di Tecco.
Zia Rosaria mi disse, poco più di un mese fa, che era contenta della vita che viveva. Il viso era quello sorridente di sempre, dai tratti creoli, e il sorriso autenticava la voglia di vivere. E che però bisognava pure pensare che la vecchiaia era l’anticamera della morte.
Perché le dure esperienze di vita – prima la morte del padre in guerra, che praticamente non ha conosciuto e poi la prematura perdita del marito – l’avevano temprata e resa pronta anche alle più dure evenienze. Per questo un po’ mi dispiacque sentirla parlare per la prima volta della morte, ma non mi stupì, conoscendone la sovrumana forza che le aveva consentito di crescere, vivere e lavorare donando benessere a se stessa e alle persone a lei vicine.
Zia Rosaria è stata la mia “terza Mamma”. Perché se è vero che di Mamma ce ‘è una sola, se si è fortunati si può avere una seconda Mamma, che per me è stata Nonna Scolastica. Se invece si è molto fortunati, come me, c’è pure la terza Mamma, come lo è stata Zia Rosaria, dalla quale andavo d’estate, per giocare in strada con mio cugino Gabrio e il suo vicino di casa Stefano, all’incrocio fra via Tagliamento e via Po.
Zia Rosaria è stata la terza donna che mi ha vegliato nella mia prima notte di vita, insieme a Mamma Liliana e Nonna Scolastica, quando la sera dell’11 ottobre 1969 vidi la luce in via Seneca 5, dove tutt’ora vivo, perché Mamma aveva paura degli ospedale e volle partorirmi in casa, con l’assistenza della “mammina” (levatrice) Bianca di Casoli. E, da quella volta, Zia Rosaria non si è mai più allontanata dal mio cuore.
Qualche tempo fa mi ricordò quella notte sempre durante uno dei nostri pranzi, fra le risate generali, raccontando: «Ma lo sai che hai pianto per ore e ore e ore, da quando sei uscito da tua madre? E non la finivi! Persino Nonna Esterina se ne risalì al piano di sopra. Non la finivi più, per cui quando Bianca andò via anche lei, tua madre mi fece telefonare e io venni a vegliarvi e passai la tua prima notte con tua madre e con te». E quando gli chiesi cosa ci volle per farmi smettere di piangere, Zia specificò: «C’è voluto un po’ di tempo. Ma abbiamo trovato la soluzione per farti calmare. Ho preso un fazzoletto di stoffa, l’ho bagnato e impregnato di zucchero e te l’ho dato da ciucciare. Non avevi ancora il ciucciotto, a quei tempi sai com’è... e poi eri nato da poche ore».
Zia Rosaria da qualche giorno non c’è più. E siccome ieri era Natale e il pranzo natalizio dello scorso anno lo avevamo passato insieme, la sua assenza è ancor più dura da accettare.
Resta il suo amore, diffuso a piene mani ai suoi familiari e – più in generale – a tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerla.
Nell’infinita tristezza di averla persa, una certezza mi consola: non ci siamo mai negati una telefonata, un bacio, un abbraccio, un pranzo per conversare, ogni volta che ce n’è stata la possibilità.
La ringrazio per il mare di affetto e sostegno che ha donato a me e ai miei familiari.
Oggi più che mai, nel mio portafogli, oltre alla foto della mia famiglia e alla foto ricordo del compianto amico coach Alessio Baldinelli, è importante che resti quel bigliettino che Zia Rosaria mi regalò il 26 aprile 2022, con un cuore disegnato e la scritta “TI VOGLIO TANTO BENE”, insieme a un bellissimo Uovo di Pasqua.
Ti voglio tanto bene pure io, la Zì.
Riposa in pace.
Le mie condoglianze ai figli Franca e Marcello, ai loro cari e a tutti quelli che hanno voluto bene a Zia Rosaria.
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Via Seneca [Il privè di ROSETO.com]
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Luca Maggitti Di Tecco
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