Giovanni Lamonica, quanti anni hai e da quanti anni viaggi per il mondo in sella a una moto?
«Anni? Un botto: 49 compiuti. Utilizzo mezzi a 2 ruote da… quanto tempo! Luca… cominciamo male… da quando avevo 14 anni!».
Prima della moto, giocavi a basket. C'è una attinenza o, per lo meno, una conseguenza fra giocare a basket e girare il mondo in moto?
«Probabilmente, l’attività sportiva ha rallentato l’utilizzo della moto. Immaginati allenatori e dirigenti che ti alitano sul collo nella speranza, spesso vana, di limitarne l’uso alla stagione estiva».
Hai un fratello arbitro internazionale di basket che gira il mondo per il suo lavoro, mentre tu lo giri da motociclista. Fate più chilometri voi messi insieme di un aereo in servizio sulla tratta Roma-New York. Da cosa viene la passione di entrambi per il viaggio e la conoscenza di nuove terre e nuova gente?
«Premesso che Luigi è la parte buona della famiglia e rappresenta nella realtà la forza che alimentava le gesta di “Luke Skywalker”, credo che ci sia un gene impazzito che vaga nel DNA dei Lamonica! Non so, a me sarebbe piaciuto già viaggiare in moto dall’età di 8-9 anni, anche se non avevo nessuna idea di cosa significasse realmente. Luigi, invece, viaggia come conseguenza di quello che fa, ma secondo me è semplicemente baciato dal fato: a chi non piacerebbe avere la consapevolezza di essere nato per essere il migliore?».
Quanti viaggi, di numero, hai finora fatto e in quanti anni?
«Non li ho contati. Negli ultimi dieci anni mi sono mosso tantissimo, ma consideriamo che la parola viaggio è piuttosto difficile da gestire. Leggo di gente che si riempie di questa parola e fa delle cose per me orribili, mentre – di contro – ci sono persone come il mio amico Massimo Antonucci che è, sempre dal mio punto di vista, uno dei più strepitosi viaggiatori che conosca e si è allontanato dall’Abruzzo pochissime volte! Non saprei come risponderti: cerco di provare giovamento dal movimento (nel senso letterale della parola, quello che ha permesso alle popolazioni nomadi di sopravvivere alle grandi civiltà), dai tempi delle scuole medie».
Elenco dei continenti visitati?
«Tutti. Ma, credimi, non è un record».
Elenco dei paesi visitati?
«Non è contandoli che stabiliamo il nostro livello di conoscenza o, peggio ancora, diamo importanza a noi stessi. Naturalmente parlo dal mio personalissimo punto di vista. Comunque, per brevità, provo a risponderti al contrario: diciamo che devo visitare ancora una buona parte dell’Africa, la Cina, l’India, il Sud-Est Asiatico e l’Australia».
Numero di chilometri percorso finora?
«Vale il concetto che ti ho detto per i paesi visitati. E però, siccome gli amici con questa storia dei chilometri mi hanno parecchio stressato, per accontentarli ho fatto – per gioco – un conto approssimativo, che poi ho scaricato su un foglio elettronico. Dallo scorso anno, aggiungo quelli che totalizza il mio navigatore a fine anno. Quindi posso dirti che, senza includere quelli dell’anno 2011, siamo a 1.280.969 chilometri. Approssimati per difetto, credo».
Il viaggio più lungo?
«Sud America. Quasi 5 mesi, poco più di 30.000 chilometri. Nello stesso numero di mesi, c’è chi ha compiuto un giro del mondo, se così può essere definito. Naturalmente, mi piacciono più quelli che viaggiano con periodi a disposizione maggiormente dilatati. Fra le nuove generazioni, ce ne sono alcuni davvero impressionanti, che definirei senza ombra di dubbio viaggiatori».
Il viaggio più bello e il motivo?
«Non può essercene uno solo. Ci sono luoghi particolari. La Bolivia, le città storiche della Via della Seta, l’Iran, la Patagonia, ma anche tanti posti fantastici in Italia e nel mio Abruzzo: se solo penso alla piana di Campo Imperatore mi vengono i brividi! Pensiamo al prossimo: quello lungo la Pamir Highway, con rientro via terra, che spero di effettuare la prossima estate».
Il viaggio più pericoloso e il motivo?
«Nessuno. Non so perché, ma non ho mai avuto grossi problemi, nonostante l’essere stato in Libia durante i disordini in Cirenaica nel 2006, l’aver assistito alle dimostrazioni di minatori e campesinos in Bolivia nel 2002 e nel 2003, l’aver attraversato varie favelas in Sud America in diversi anni e guidato, nel 2004, su strade in El Salvador dove i raccoglitori di caffé assaltano qualsiasi mezzo».
Ci racconti quella volta che negli Stati Uniti incontrasti Kurt Nimphius, l'ex giocatore della Rodrigo Chieti ai tempi della Serie A2, con il quale ti eri anche allenato in gioventù?
«Un caso incredibile. In occasione del mio primo viaggio in solitaria in Nord America (nel 2000, 3 mesi, circa 30.000 chilometri), un mio (ex) amico di Bergamo mi aveva messo in contatto con un suo compagno di college, professore universitario divenuto scrittore negli States. A quei tempi mi buttavo letteralmente dove capitava e colsi al volo l’occasione. Rick e la sua famiglia erano comunque davvero assai simpatici. Avevano una figlia adolescente, tifosissima e praticante del nostro sport preferito, che era entusiasta che avessi giocato a pallacanestro e, parlando dell’argomento ed elencando le squadre in cui avevo militato, vidi la sorpresa dipingersi sul volto dei miei interlocutori. Conoscevano, infatti, un amico di famiglia che da ragazzo aveva giocato a Chieti, lo stesso anno in cui avevo scaldato la panchina senza metter mai piede in campo (una specie di record… neanche un’assenza, senza essere mai entrato in campo, posso eventualmente anche fare dei ringraziamenti? ne avrei diversi in elenco!). Si trattava di Kurt Nimphius, appunto, che si era trasferito a Pedona, in Arizona (alla conclusione della sua splendida carriera nella NBA, dopo essere stato tagliato dalla Rodrigo Chieti) e lì viveva. Il tempo di meravigliarci della strana coincidenza e la moglie di Rick era già al telefono che chiamava il mio ex compagno di squadra. Lui naturalmente non si ricordò di me, ma mi lasciò l’indirizzo e, diversi mesi dopo, in occasione di un altro viaggio di 2 mesi (una specie di seconda puntata del nord America, a cui poi seguì la terza, giusto per confermarti la mia visione sui viaggi), mentre cercavo di limitare chilometricamente le incredibile distanze che il Sud-Ovest degli Stati Uniti impone ai viaggiatori che tentano di attraversarlo, mi fermai una notte in questo paesino nel deserto, trascorrendo una surreale serata con Kurt e 5 o 6 ragazzoni suoi amici. Bravo ragazzo Rambis, ma vita strana: bere, fumare di tutto e pochi altri interessi… non è la vita che vorrei per la mia vecchiaia!».
Viaggi sia da solo sia come guida?
«Sì, anche se ultimamente la seconda opzione ha preso il sopravvento e mi piacerebbe ristabilire gli equilibri. Comincio ad avere una certa età e non vorrei perdermi gli “ultimi spari” nella maniera che poi è quella che mi è più congeniale».
La passione per le foto e i racconti è nata insieme a quella per i viaggi in moto oppure è nata successivamente?
«Assolutamente dopo. Un banalissimo caso: un acquisto, un viaggio e il danno è fatto! Non ho mai studiato la materia né conosco la tecnica: vedo cose e cerco di memorizzarle con le immagini».
LANDSAILS Around The World
Il blog di Giovanni Lamonica