IL GIOCO DELLE CARTE
- Che carta è? 'Sterì, che carta è?
- … non lo so Giuvà… lasciami stare.
- Mo’ mi arrabbio, guardala e dimmi che carta è…
- Un cinque…
- Un cinque di cosa? Forza, mo’ mi arrabbio ti ho detto…
- Un cinque… di spade…
- Brava. Dai, continuiamo…
- … non c’ho voglia Giuvà… lasciami stare.
Inverno 2006.
Nonno Giovanni, seduto sullo strapuntino del camino acceso per scaldarsi la schiena, dispone le carte su una sedia e organizza una sorta di contro-solitario terapeutico.
Serve a Nonna Scolastica – detta ‘Sterina – per tenere allenata la testa. Serve per distinguere, contare, mettere ordine. Una sorta di palleggio fra spade, bastoni, coppe e denari.
Serve per tenere alta l’attenzione nelle lunghe sere d’inverno, quando fa notte presto e gli anni – ormai 81 per la Nonna e 86 per il Nonno – si fanno sentire ancora di più.
Il “gioco delle carte” lo ha consigliato al Nonno il medico di famiglia e Giovanni, come fa per tutte le cose – dal travaso del vino dalla damigiana alle bottiglie, dalla bollitura delle bottiglie di pomodoro al maiale spezzato, dalla cura del giardino alla pulizia delle scale – si è messo d’impegno: ogni sera fa sedere ‘Sterina e inizia ad incalzarla.
Gira una carta e chiede. Paziente, se la sua bella incespica, si ferma, le tende la mano e ricomincia. E 40 carte, a questo ritmo, a volte non finiscono mai.
Una sera, salito per dare la buonanotte, li ho visti e ho seguito, tifando ‘Sterina, quel contro-solitario terapeutico a due.
Li ho salutati con un bacio a testa, poi, scendendo le scale, ho iniziato a vedere sfocato.
E ho capito cos’è l’amore.
12 Ottobre 2007