Questo racconto è frutto di fantasia. I personaggi, le squadre, le circostanze, i dati, sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore. Se qualcosa di vero dovesse esserci, esso sarebbe citato in modo del tutto casuale, senza alcun intento di descrivere condotte reali. Perché – per dirla con Stanislaw Jerzy Lec – bisogna provocare l’intelletto, non gli intellettuali.
«Stefano, fa il bravo… alla ragazzina falle tagliare i capelli a zero. E mettila in camera con me».
Gioia finì di dare l’ordine pizzicando la guanciotta di Stefano e se ne andò, con il sorriso di chi non conosce dinieghi.
Stefano la odiava. Quanto la odiava.
Gioia era una stronza, perfida, bravissima giocatrice veterana di basket. E Stefano era il Team Manager della squadra di cui Gioia era la punta di diamante.
La ragazzina da rapare a zero era la nuova arrivata: talento puro al primo contatto con il mondo dei professionisti.
Gioia l’aveva puntata all’allenamento d’esordio. E quando Gioia puntava qualcuna, di solito se la prendeva, senza badare all’orientamento sessuale della matricola.
C'era qualcosa di male ad essere lesbica? No, a patto di non costringere nessuna giovinetta a orientamenti sessuali non voluti.
Che poi il Presidente lo aveva chiesto a inizio campionato, a Gioia, se i suoi gusti sessuali fossero diversi dall’eterosessualità. E Gioia, che teneva al buon contratto, al campionato di vertice e alla coppa, aveva tranquillamente mentito definendosi "sessualmente regolare", perché sapeva che il Presidente non firmava lesbiche. O, almeno, non lesbiche dichiarate.
Così Gioia mentì tranquillamente, palleggiandosi un presidente omofobo e boccalone che magari sperava di metterle le mani addosso. Gioia sapeva mentire e affascinare, come quando faceva la festa a qualche matricola messa in camera con lei. Magari con i capelli rasati a zero, perchè le piaceva che avessero qualcosa di maschietto.
Stefano era nel parcheggio del palasport e, restato solo, decise di andare nell’ufficio del Coach, per fare il punto sulla trasferta di coppa e informarlo sulla richiesta di Gioia.
Il Coach, che conosceva certe abitudini della veterana, prese in contropiede Stefano. Appena entrato in ufficio, infatti, gli chiese: «Stefano, dimmi… con chi vuole stare Gioia in camera?».
«Con la ragazzina...» rispose Stefano, che intanto si era seduto e guardava per terra.
«Lo sapevo, da come la guardava in allenamento. No, cazzo, no! Stavolta se ne va a fanculo! La ragazzina ha 17 anni... io quella la metto fuori squadra!».
Stefano annuì, limitandosi a finire il compitino e aggiungendo: «E come glielo spieghi al Presidente? Se la metti fuori squadra, quello ti caccia».
Stefano era così: un ometto debole e accomodante in un mondo di donne forti, spesso troppo forti rispetto al suo senso dello sport e al dovere di tutelare giovani ragazze che si avvicinavano allo sport professionistico e che non era per niente giusto subissero quella sorta di “nonnismo” di stampo sessuale. Così provò ancora una volta a girare la faccia dall’altra parte, dicendo al Coach: «Ma poi fuori squadra perché, cosa ha fatto di male. Mi ha solo chiesto di mettere la ragazzina in camera con lei, non è mica un reato…».
Il Coach conosceva Stefano e le sue debolezze. Così gli puntò l’indice contro, guardandolo come si guarda qualcuno che non vorresti mai essere, poi scandì: «Tu sai bene cosa potrebbe capitare alla ragazzina, perché sai com’è fatta Gioia. Quello che non sai è l’orientamento sessuale della ragazzina. Quello che dovresti immaginare è come potrebbe reagire una ragazzina al suo primo impegno europeo, in un albergo, di notte, da sola, lontana da casa, sottoposta ad una richiesta che magari le fa schifo. Lo capisci, vero? A me basta che te lo abbia chiesto per farmi incazzare, perché se ti ha chiesto di metterla in camera con lei so benissimo – e lo sai anche tu – le sue intenzioni. Gioia è fuori squadra, decido io. La questione è chiusa».
Il Coach si alzò dalla sua scrivania e fece per guadagnare l’uscita. Passando di fianco a Stefano, aggiunse: «Stavolta il culo lo rischio io... meglio, no?». E andò via senza sorridere.
La squadra partì senza Gioia, giocò in coppa in trasferta e vinse con un canestro allo scadere della ragazzina. Che sembrava un ometto, con quei capelli cortissimi tagliati di fresco.
Magari le storiacce avessero sempre un lieto fine...
BASKET MALEDETTO
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Giovedì 22 Dicembre 2011
IL PRESIDENTE DEL BORGOROSSO BASKETBALL CLUB