Sud America: quattro mesi e mezzo, più di 30.000 chilometri, almeno 10 passi oltre i 4.000 metri, un mese e mezzo trascorso oltre i 3.500 metri. Incontri, cordialità, delusioni, sofferenze, miseria. Questo, in due righe, il sunto di una delle esperienze più affascinanti che un moto turista possa sognare. E questo è lo sconclusionato diario, il risultato sgrammaticato del mio vagabondaggio.
L’ingresso in Bolivia non è dei più semplici, un paio di giorni per riprendersi dalle fatiche del passo Sico ed eccomi lì nuovamente solo salendo verso le nuvole, avvicinandomi al cielo. Da qui rimarrò costantemente in altura per quasi 2 settimane.
L’arrivo ad Olliague, punto di confine, coincide anche con la letterale scomparsa della strada! Siamo a più di 3.500 metri ed una volta risolto il problema benzina grazie alla fantastica gentilezza di Federico, capostazione di questo sperduto angolo di mondo ed essermi imbattuto nel carabinero cileno, che dopo tre visite in questa straordinaria terra conquista di forza la palma di militare più ignorante e cafone dell’arma, mi vedo letteralmente costretto ad inventare la strada.
Sotto le ruote dovrebbe srotolarsi una pista, niente asfalto a queste altitudini ed in questa zona, riportata sulle cartine come una statale, la 701 per l’esattezza. Le parole dell’impiegato alla dogana che mi consigliava di raggiungere il collettivo partito una mezz’ora prima, cominciano magicamente a prendere un allarmante significato: la strada si eclissa, scomparendo.
Niente, una traccia, o meglio più tracce, senza nessun riferimento, a parte qualche segnale, rappresentato da un cippo bianco sapientemente mimetizzato a livello del suolo, spesso confuso con il riverbero salino. Niente!
Solo qualche jeep a cui chiedere informazioni ed il solito pullman che raggiungo ma che perdo sistematicamente fermandomi a scattare foto, tanto da ritrovarlo dietro di me, dopo un paio d’ore. Il mio rapporto con il Salar di Uyuni, era iniziato qualche anno prima con uno shock visivo, protrattosi poi per giorni, avvenuto su una rivista fotografica. Mi ricordo che era stato amore a prima vista “un giorno ci andrò, forse in moto”, rendendomi benissimo conto delle difficoltà.
Logico che nel momento in cui, dopo quasi 200 chilometri dal confine, vi arrivo, la mia reazione è quella di un bambino al quale hanno fatto un regalo insperato ma desiderato per lungo tempo. Percorro qualche chilometro su di un terrapieno e poi la strada scende nella piana, il pomeriggio sta spingendo il sole verso l’orizzonte.
Luci, incredibili!
La vista spazia nel niente infinito, mai più pieno di significati: il bianco del sale, l’azzurro del cielo e l’ombra della moto. Mi sento un uomo, solo, fortunato e stupidamente felice.
Mi trovo a quasi 3.700 metri d’altitudine, nella distesa piatta più estesa del mondo con i suoi 12.106 chilometri quadrati. Secondo le recenti teorie geologiche, questa parte dell’altipiano era un tempo completamente sommerso dall’acqua.
Trascorrerò 3 giorni, in quello che, considero uno dei posti realmente più incredibili, spettacolari, suggestivi, fantastici che mai mi sia capitato di visitare. Lo spettacolo in qualunque periodo dell’anno si giunga è fantasticamente suggestivo: quando la superficie si asciuga, le saline trasformano il paesaggio in una bianca distesa accecante dalle dimensioni infinite, quando si ricoprono d’acqua, si formano degli specchi che riflettono alla perfezione le nuvole ed il cielo blu dell’altipiano, facendo scomparire l’orizzonte.
LANDSAILS Around The World
Il blog di Giovanni Lamonica.
Il diario completo del viaggio e tutte le foto visibili a pieno schermo.
Il Mondo in Moto [Giovanni Lamonica]
PUNTATE PRECEDENTI
Venerdì 9 Dicembre 2011
GIOVANNI LAMONICA: L’UOMO CHE GIRA IL MONDO IN MOTO.
Mercoledì 14 Dicembre 2011
LA STRADA NEL DESERTO. Libia, 2006.
Mercoledì 21 Dicembre 2011
A MARAMURES, NELLA TERRA DEGLI ANTICHI DACI. Romania, 2005.